Ecco la domanda scottante del giorno dalla mia casella di posta:
Innanzitutto, vorrei dire che apprezzo GES (Grace Evangelical Society) e mi trovo d’accordo con gran parte di quello che ho letto e sentito finora.
Una cosa che al momento non riesco a capire bene è la frase “legatelo mani e piedi” in relazione agli eventi delle tenebre di fuori. Capisco i concetti e l’interpretazione di GES su questo argomento, ma è difficile andare oltre quella frase. Vi prego di darmi qualche delucidazione in merito o di indicarmi una risorsa che accenni alla frase “legatelo mani e piedi”. Grazie.
Sul nostro sito web ci sono diversi articoli che spiegano questo versetto. Greg Sapaugh ha scritto la sua tesi di laurea al DTS (Dallas Theological Seminary) su Matteo 22:1-14, la parabola delle nozze. Potete leggere un suo articolo qui. Qui potete ascoltare un podcast di un’ora dedicato a questa parabola, realizzato da Zane Hodges e da me. Michael Huber ha scritto la sua tesi di laurea al DTS sul tema più generale delle tenebre di fuori in tre passi di Matteo; potete trovare qui un suo articolo.
Esiste anche un libro sulle tenebre di fuori, scritto da Zane Hodges e dal sottoscritto. È disponibile sul nostro sito web (si veda qui).
Ora, fornirò una breve spiegazione, riassumendola in nove punti.
In primo luogo, le tenebre di fuori sono menzionate solo nel vangelo di Matteo (Mt 8:12; 22:13; 25:30). Poiché è un’espressione usata così di rado e con così poche chiarificazioni, dovremmo essere cauti nel giungere a conclusioni che contraddicono altri testi espliciti. In effetti, dovremmo sempre esercitare prudenza in tal senso, ma vale soprattutto nel caso di un’espressione che compare raramente.
Secondo, letteralmente la parola greca significa le tenebre che stanno all’esterno o le tenebre più distanti. Si tratta di un’espressione che non è usata nell’Antico Testamento in lingua greca (LXX). Se si riferisse all’Ade o allo stagno di fuoco, dovremmo trovarne le prove nei tre contesti matteani per dimostrarlo; non ci sono indicazioni in tal senso altrove.
Terzo, in Matteo 8:12 coloro che vengono gettati nelle tenebre di fuori sono chiamati “i figli del regno”. Sembra che i credenti vengano gettati lì. L’unico altro uso dell’espressione “i figli del regno” in Matteo si trova nella Parabola della Zizzania. “Il buon seme”, spiega Gesù, “sono i figli del regno” (Matteo 13:38). I semi buoni entrano nel regno. Questo suggerisce fortemente che coloro che vengono gettati nelle tenebre di fuori in Matteo 8:12 siano credenti, non miscredenti. I credenti non possono perdere la vita eterna (Giovanni 11:25-27).
Le tenebre di fuori sono una metafora che rappresenta l’occasione mancata. I credenti che non sono fedeli non sperimenteranno la stessa gioia condivisa da coloro che regneranno con Cristo nella vita futura. Certo, saranno felici. Ma la loro vita non sarà così abbondante o ricolma di gioia come avrebbe potuto esserlo (Gv 10:10; Lu 19:16-26; 2Ti 2:11-13; 4:6-10).
In quarto luogo, nella Parabola delle Nozze sono illustrati diversi tentativi di inviti alle nozze. Si tratta probabilmente di appelli alla fede da parte dei profeti dell’AT, da parte del Signore e dei Suoi apostoli durante il Suo ministero e di appelli alla fede durante l’età della Chiesa.
Coloro che accettano l’invito rappresentano i credenti, compresi i Gentili (Matteo 22:10, “le strade”). Tuttavia, l’essere credenti non è l’unica cosa da prendere in considerazione in questa parabola. Una seconda questione è se gli invitati alle nozze – i credenti – siano vestiti adeguatamente o meno. Vi è un uomo che non indossa l’abito nuziale (v. 12). Nella Scrittura le vesti rappresentano spesso le opere giuste dei credenti: “Le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi” (Ap 19:8; si veda anche Ap 16:15).
L’ospite vestito in modo inappropriato rappresenta il credente che, dinanzi al tribunale di Cristo, sarà trovato manchevole in fatto di opere giuste.
Quinto: essere legati mani e piedi non è un tema comune nella Bibbia. Anzi, è molto raro. Quando Gesù risuscitò Lazzaro dai morti, questi uscì dalla tomba legato mani e piedi (Giovanni 11:44). Gesù disse: “Scioglietelo e lasciatelo andare”. Il sottinteso è che Gesù stava liberando Lazzaro affinché potesse servirlo. Se così fosse, essere legati mani e piedi significherebbe essere impossibilitati a servire Cristo (ad esempio, non poter governare con Lui nel regno).
I tre amici di Daniele furono legati e gettati in una fornace ardente (Da 3:20-21). Anche se il testo non dice espressamente che furono legati mani e piedi, ciò è implicito: le loro azioni erano limitate.
Sarebbe strano se l’espressione “legati mani e piedi” fosse un riferimento alla condanna eterna; non è usata in questo modo in nessun’altra parte della Bibbia.
In sesto luogo, il riferimento al pianto e allo stridore di denti (Mt 22:13) è un’espressione di sofferenza. Malgrado coloro che sono nell’Ade piangeranno e digrigneranno i denti, non sarebbe una sorpresa scoprire che i credenti che saranno rimproverati da Cristo dinanzi al Suo Trono del Giudizio (ad esempio, Luca 19:20-26) proveranno dolore.
Settimo: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” è un’espressione che racchiude in sé il concetto di ricompensa, non di salvezza. Il tema è chi sarà scelto per regnare con Cristo, non per avere la vita eterna. A mio avviso, le Scritture non insegnano l’elezione alla vita eterna. L’elezione e la scelta sono concetti che si riferiscono sempre al servizio.
Ottavo, un confronto tra il terzo servo in Matteo 25:30 e il terzo servo in Luca 19:20-26 dimostra che si sta parlando di un credente. Questi viene chiamato servo di Cristo; i non credenti non sono servi di Gesù. In Luca 19:20-26 non viene ucciso; non viene nemmeno definito un nemico del Signore. In Luca 19:27 i nemici vengono portati al Suo cospetto ed uccisi. Ma non il terzo servo. Qui entra in gioco il parallelismo della fede. In Luca 19:20-26 è chiaro che il terzo servo entra nel regno. Questo aiuta a spiegare più chiaramente la posizione del terzo servo nella Parabola dei Talenti.
In ultimo luogo, le epistole dimostrano che alcuni credenti non saranno elogiati né riceveranno l’approvazione di Cristo al Bema (cfr. 1Co 4:1-5; 9:27; 2Co 5:10; Ga 6:7-9; Cl 1:21-23; 2Ti 2:12; 4:6-10; Gm 3:1; 5:9; 1Gv 2:28; 4:17-19). Uno dei motivi principali per cui molti credono che le tenebre di fuori siano un riferimento all’Ade, è ché pensano che non si possa sbagliare nella vita cristiana. Se uno fallisce, automaticamente si deduce che quella persona non era realmente nata di nuovo.
La stragrande maggioranza delle prove è a favore di un’interpretazione delle tenebre di fuori come metafora della mancata opportunità di regnare con Cristo e delle gioie ad essa associate.
di Bob Wilkin
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Bob Wilkin (ThM, PhD, Dallas Theological Seminary) è il Fondatore e Direttore Esecutivo della Grace Evangelical Society e co-presentatore del programma Radio Grace in Focus. Vive a Highland Village, Texas, con sua moglie Sharon. I suoi ultimi libri sono Faith Alone in One Hundred Verses e Turn and Live: The Power of Repentance.