Un po’ di tempo fa, insegnavo in un istituto Biblico all’estero. Gli studenti erano giovani, tra i 18 e i 20 anni. Via via che andavano avanti le lezioni, fu chiaro che c’erano dei problemi con il vangelo della vita eterna. Decisi di sospendere il programma in corso per risolvere questo problema. Chiesi agli studenti cosa dovesse fare un non credente, prima di essere salvato spiritualmente.
Quasi tutte le risposte giravano intorno al peccato. “Bisogna dispiacersi per i propri peccati”. “Bisogna confessare davanti a Dio di essere un peccatore.” “Bisogna confessare i propri peccati”. “Bisogna pentirsi dei propri peccati”. “Bisogna desiderare di allontanarsi dai propri peccati” “Bisogna ammettere che Cristo è morto per i propri peccati.”
Per circa un’ora, abbiamo navigato attraverso queste risposte. Agli studenti è stato chiesto dove trovavano queste cose nella Bibbia. Più delle volte, ammisero che non riuscivano a trovare versi a supporto delle loro risposte. A volte indicavano un verso a supporto delle loro conclusioni, ma quando guardavano al contesto di quel verso, riuscivano a vedere che non diceva ciò che pensavano.
Guardammo al Vangelo di Giovanni, un libro che dice al lettore come ricevere la vita eterna, e concludemmo che Giovanni non menziona mai nessuna di queste cose. Guardammo anche al caso di Cornelio e della sua casa in Atti 10. Erano tutti salvi spiritualmente dal lago di fuoco e nessuno di loro ha dovuto confessare nulla a Dio. Non promisero di allontanarsi dai loro peccati. Discutemmo poi di quante risposte date comprendevano delle opere, e tutti gli studenti ammisero che non si ottiene la vita eterna con le opere.
Non è facile misurare come è stata la risposta della classe. Alcuni dissero di non aver mai considerato queste cose. Ammisero che il modo in cui presentavano il vangelo, concentrato sul problema del peccato, era frutto della loro tradizione denominale. Alcuni dissero che non sapevano cosa pensare, e che adesso dovevano rifletterci su.
Ci fu una studentessa, che non lasciò dubbi su ciò che pensava. Durante una sessione di domanda/risposta, si fece avanti. Non aveva una domanda. Aveva un’affermazione, piuttosto.
Il suo commento fu: “Lei non prende il peccato sul serio. Non dovrebbe insegnare a questa classe!”
Credo che alcuni degli altri studenti si siano sentiti a disagio con un’affermazione così secca e onesta. Io ero un relatore invitato e molto più anziano degli studenti. Immagino che alcuni tra i lettori di questo articolo non avrebbero mai detto qualcosa di così sfrontato, anche se lo ritenessero vero. Si potrebbe dire che è stata scortese.
Devo ammettere, non l’ho presa in quel modo. Ho apprezzato la sua onestà. Non sono un masochista, ma ho davvero apprezzato la sua risposta.
La ragione per cui l’ho apprezzata è perché così ho potuto verificare di esser sono stato chiaro nel presentare ciò che volevo dire. A volte, quando insegniamo, non sappiamo se gli studenti comprendono quello che stiamo insegnando. La sua affermazione non mi ha lasciato dubbi. Capiva bene le ramificazioni di quello che stavo dicendo. La salvezza eterna è un dono gratuito, dato attraverso la fede in Cristo soltanto per quel dono. Le opere non hanno alcuna parte nel ricevere quel dono. Tutte le pretese circa il peccato aggiungono opere all’offerta. Lei ammise di non poter ribattere alle mie obiezioni. Sapeva solo che avevo torto perché avevo un’attitudine rilassata verso il peccato.
La principale ragione per cui mi piaceva quella sua risposta è perché Paolo ci ha riferito che la gente diceva lo stesso di lui. In Romani 3:8, dove parla di giustificazione per fede soltanto, qualcuno gli ha detto che avrebbe dovuto smettere di insegnare. La ragione è che qualcuno gli ha detto che i suoi insegnamenti spingono le persone a commettere peccato, così che possa venire qualcosa di buono. Anche a Paolo veniva detto che non vedesse quanto fosse serio il peccato.
Tutte le volte che insegniamo in maniera accurata il messaggio della vita eterna, qualcuno ci accuserà della stessa cosa. E quando succede, allora sappiamo che stiamo dicendo la verità. Sapremo che capiscono quello che stiamo dicendo.
Durante le lezioni successive, ho spiegato a questa giovane donna che considero molto seria la questione del peccato. Il peccato porta molte terribili conseguenze in questa vita. Il peccato ci porta a perdere le ricompense eterne nella vita a venire. Ciò nonostante, affrontare i nostri peccati non è una condizione per la vita eterna. La fede in Cristo è quello che Dio chiede ad un non credente. Nulla di più, nulla di meno.
Non so se l’ho convinta o meno. Sembrava meno rigida per il resto delle lezioni. Spero che abbia visto quanto il vangelo biblico guarda seriamente al problema del peccato. Cristo ha pagato per ogni singolo peccato sulla croce. Basta guardare alla croce per capire quanto è serio il peccato. Il peccato è così serio, che non c’è nulla che potevamo contribuire a ciò che il Signore Gesù ha fatto per noi. E a causa di ciò che ha fatto, Egli è capace di darci la vita eterna come dono gratuito attraverso la sola fede.
Di Kenneth Yates
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Kenneth Yates (ThM, PhD, Seminario Teologico di Dallas) è Editore del giornale della Grace Evangelical Society, Relatore Internazionale GES e della Costa Est. Il suo ultimo libro si intitola: Hebrews: Partners with Christ.