Era una foto che trasmetteva amore e devozione. È facile intuire perché abbia vinto il Premio Pulitzer nel 1973. Bob Stirm, pilota dell’Air Force, era tornato negli Stati Uniti dopo cinque anni e mezzo di prigionia nel Nord del Vietnam. Quegli anni erano stati caratterizzati da torture e privazioni: il pensiero di potersi riunire alla sua famiglia gli aveva dato la forza di andare avanti in quei momenti difficili.
La foto immortala il momento in cui la famiglia si riunisce sulla pista di un aeroporto militare. Bob si protende per abbracciare la figlia maggiore, che corre verso di lui con le braccia spalancate. Anche gli altri tre figli si affrettano verso di lui, insieme alla moglie Loretta. Tutti hanno, sui loro volti, sorrisi ed espressioni di gioia: è impossibile guardare quella foto e non emozionarsi.
C’è solo un problema: almeno per Loretta, si trattava di una messinscena.
Circa un anno dopo la cattura di Bob, la donna aveva avuto delle relazioni sentimentali con altri uomini e pochi giorni prima del loro incontro sulla pista, Bob aveva saputo che lei voleva il divorzio.
Non so perché volesse divorziare. Forse Bob le era stata infedele prima della cattura o era un pessimo marito. Forse pensava che non sarebbe mai tornato dal Vietnam del Nord, o che addirittura sarebbe morto lì, e sentiva il bisogno di andare avanti con la sua vita. Forse non voleva aspettare, non sapendo per quanto tempo sarebbero stati separati. Ognuna di queste ragioni mi sembra comprensibile.
Non so nemmeno perché sia corsa ad incontrarlo sulla pista con il sorriso sulle labbra. Forse il Pentagono le aveva detto di farlo perché il Paese si sentisse sollevato dopo la lunga guerra in Vietnam. Forse voleva agire secondo il suo personale dovere patriottico. Forse non voleva mettere in imbarazzo Bob di fronte alla nazione. Forse sentiva di doverglielo ed era quanto meno felice che fosse tornato a casa, anche se voleva stare con un altro uomo. O più semplicemente era egoista e voleva una sua foto sul New York Times.
Qualunque fossero le ragioni per volere il divorzio e per essere presente quel giorno, vorrei che non fosse corsa sulla pista per incontrare Bob. Mi sembra che abbia preso in giro me e tutta l’America. Ha fatto leva sui nostri sentimenti, dandoci l’impressione di essere una moglie amorevole e che insieme sarebbero vissuti per sempre felici e contenti. Era una bugia; una recita; un’operazione pubblicitaria.
Devo ammettere, anche se non è molto spirituale, che mi arrabbio quando vedo quella foto. È così che mi sento anche se non ho mai conosciuto Bob o Loretta Stirm. La considero una ipocrita che ha trattato milioni di persone, me compreso, come degli idioti.
Giovanni ci dice che i credenti possono agire alla stessa maniera. In effetti, lo fanno spesso. Possono fingere di amare qualcuno quando non è la verità. Scrive: “Figlioli [miei], non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità” (1 Giovanni 3:18). Giovanni desidera che i suoi lettori cristiani si amino l’un l’altro e non si limitino a recitare.
Quando si tratta di amare gli altri credenti, è facile comportarsi come Loretta nella foto. Possiamo dire quanto li amiamo, possiamo cantare di questo amore e riunirci con loro, in chiesa, la domenica. Agli occhi del mondo, ci comportiamo come se fossimo una grande famiglia felice.
Possiamo fare tutto questo, eppure non amarli. Potremmo essere gelosi o non volere il meglio per loro. Essere indifferenti al fatto che vengano esposti alla falsa dottrina o alla loro crescita spirituale. Potremmo anche inventarci delle giustificazioni per legittimare i nostri sentimenti.
Ma quando amiamo i nostri fratelli nella fede, desideriamo servirli. Vogliamo che diventino più simili a Cristo. Se hanno delle necessità fisiche, vogliamo soddisfarle. Sono tutte cose difficili da fare e dobbiamo chiedere al Signore di trasformarci. Dobbiamo chiedere allo Spirito di darci la forza di amare nei “fatti” e non solo per fare scena.
Se siete come me e vi arrabbiate almeno un po’ quando guardate la foto vincitrice del Pulitzer del 1973, che sia da monito per tutti noi. Possiamo essere come la moglie in quella foto. Possiamo fingere di amare chi ci circonda ed ingannare gli altri facendogli credere che sia davvero così. Loretta ha ingannato milioni di persone, ma non possiamo ingannare il Signore.
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Ken Yates (ThM, PhD, Dallas Theological Seminary) è l’editore del Journal of the Grace Evangelical Society e speaker regionale ed internazionale della GES. Il suo ultimo libro si intitola Hebrews: Partners with Christ.