Genesi 37 e 38 mostrano come Giuda fosse un credente carnale. Fece quasi uccidere suo fratello Giuseppe; accettò di venderlo come schiavo; sposò una donna cananea; i suoi due figli maggiori erano malvagi e Dio li uccise; rifiutò di dare sua nuora Tamar al figlio minore; sua moglie morì. A causa della sua carnalità, si susseguì una tragedia dopo l’altra.
Successivamente, dopo un periodo di lutto per sua moglie, Giuda, pensando di ingaggiare una prostituta, ebbe rapporti con Tamar. Solo quando scoprì di essere colpevole, fece la cosa giusta: confessò il suo peccato e riconobbe che ella era più onesta di lui.
Tuttavia, nonostante la sua mentalità carnale, Dio scelse di benedirlo: fu il fratello prescelto per far parte della stirpe del Messia:
Lo scettro non sarà rimosso da Giuda,
né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi,
finché venga colui al quale esso appartiene
e a cui ubbidiranno i popoli (Ge 49:10).
I tre figli maggiori di Israele furono esclusi da questa benedizione a causa delle loro gravi incapacità morali (Ge 49:3-7). Israele disse di Giuda: “Giuda, te loderanno i tuoi fratelli” (Ge 49:8a). Sebbene fosse ancora un credente infantile, con i suoi fallimenti morali, la sua confessione e il riconoscimento della rettitudine di Tamar suggeriscono che non fosse in ribellione contro Dio. Al contrario, Giuda era immaturo nella sua fede. Si veda 1Co 3:1-3 e il resto della lettera per altri esempi di credenti simili.
Il libro della Genesi, dal capitolo 37 al capitolo 50, racconta la storia di Giuseppe. Perché, dunque, Mosè ha inserito un capitolo su Giuda? In primo luogo, serve a spiegare come la tribù di Giuda abbia potuto essere scelta come stirpe da cui sarebbe disceso il Messia. In secondo luogo, la storia di Giuda rappresenta uno straordinario contrasto con la storia dei primi anni di Giuseppe in Egitto.
Giuseppe aveva ricevuto due sogni da Dio, che gli avevano rivelato che sarebbe diventato il capo della famiglia. Eppure si ritrovò schiavo nella casa di Potifar. Un’indicazione parziale della veridicità di quei sogni viene dalla benedizione di Dio nei suoi confronti e nella sua nomina a capo della casa di Potifar. Dio stava usando quella tragedia per preparare Giuseppe a governare in futuro, proprio come fa con noi oggi. Come amava dire il dottor Radmacher, “questa vita è un periodo di addestramento per quando regneremo”.
Mentre Giuda cercò di avere rapporti con chi riteneva essere una prostituta, Giuseppe ricevette una proposta dalla moglie di Potifar: tentò di sedurlo giorno dopo giorno, non solo una volta. A differenza del fratello, egli non cedette ai desideri carnali; si allontanò dalle passioni giovanili (2Ti 2:22). La sua ricompensa? Essere rinchiuso in una prigione sotterranea!
Giuseppe perse forse la fede nella promessa di Dio che in futuro avrebbe regnato quando fu fatto schiavo e poi prigioniero in una cella? Genesi 39 non lo lascia intendere. Mentre era in prigione, Dio lo benedisse di nuovo ed egli fu elevato al comando della prigione.
Tutti noi affrontiamo delle prove: il cancro, l’inflazione, la perdita del lavoro, la morte di una persona cara, i conflitti con la famiglia e gli amici. Forse non verremo venduti come schiavi e mandati in prigione per un reato che non abbiamo commesso, ma ci ritroveremo ad affrontare delle avversità.
“Se abbiamo costanza, con lui anche regneremo” (2Ti 2:12). La vita eterna è un dono gratuito che si riceve quando si crede nel Signore Gesù Cristo per averlo (Giovanni 3:16). Le ricompense eterne si guadagnano attraverso la fedeltà. “Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele” (1Co 4:2).
Tenete a mente la grazia.
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Bob Wilkin (ThM, PhD, Dallas Theological Seminary) è il Fondatore e Direttore Esecutivo della Grace Evangelical Society e co-presentatore del programma Radio Grace in Focus. Vive a Highland Village, Texas, con sua moglie Sharon. I suoi ultimi libri sono Faith Alone in One Hundred Verses e Turn and Live: The Power of Repentance.