Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio. Da questo si riconoscono i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il proprio fratello.
La seguente domanda ha portato all’articolo di oggi:
Vi scrivo nella speranza di poter ricevere un ulteriore aiuto su un passo delle Scritture. Ho letto la spiegazione di Bob su 1 Giovanni 3:9 e sono d’accordo con le sue conclusioni. Avrei ragione ad interpretare 1 Giovanni 3:10 allo stesso modo, dicendo che sta affrontando il tema della vera natura rediviva del credente vs la sua carne? Il versetto sembra sostenere che la mancanza di rettitudine e di amore per gli altri Cristiani contraddistingue i figli del diavolo. Tuttavia, posso capire come questo sia soggettivo. Ho anche notato che la parola pratica che si trova in alcune traduzioni non sembra essere presente nel testo greco. Vorrei solo sapere come dovrei interpretare 1 Giovanni 3:10. Apprezzerei molto il vostro aiuto.
Innanzitutto, non sono d’accordo con la punteggiatura della NKJV1. Penso che la prima riga del versetto 10 dovrebbe essere in realtà l’ultima riga del versetto 9: “Chiunque è nato da Dio… non può peccare perché è nato da Dio. Da questo si riconoscono i figli di Dio e i figli del diavolo”. Io metterei un punto qui, non i due punti. Penso che il v. 10a (come viene attualmente designato) si riferisca al v. 9 che lo precede, non a quanto segue dopo.
In secondo luogo, il modo in cui un figlio di Dio rivela il suo io interiore, il suo io eterno e senza peccato, è vivendo rettamente. Il peccato non è mai una manifestazione dell’uomo interiore nato da Dio. Ogni qual volta un credente commette un peccato, sta manifestando le opere del diavolo, non di Dio. Ricordate le parole di Gesù: “Vattene via da me, Satana!”. (Matteo 16:23)? Le disse all’apostolo Pietro quando questi stava agendo contrariamente alla volontà dichiarata da Dio. Si confronti 1 Giovanni 3:5-6, che dice che “in lui non vi è peccato” e che “chiunque dimora in lui non pecca”.
In terzo luogo, le parole si riconoscono sono cruciali qui. Sono parole basate sull’esperienza. Giovanni non sta parlando della posizione del credente in Cristo. Naturalmente, la nostra posizione è giusta, santa, senza peccato. Piuttosto, sta parlando dell’esperienza del credente in Cristo. E la nostra esperienza non è perfetta.
1 Giovanni 3:10b-15 fa seguito a 3:9-10a. Sostanzialmente, il passo dice che per rivelare una vita radicata in Dio e permanente in Lui, dobbiamo amare i nostri fratelli e sorelle cristiani. L’amore è il segno distintivo dell’uomo interiore del credente.
Ecco come Zane Hodges spiega 1 Giovanni 3:9-10 nella versione riassunta del suo commentario su 1-3 Giovanni (potete scaricare gratuitamente la versione riassunta qui):
3:10a. La NKJV interpreta questa affermazione in relazione a quello che segue dopo (da notare i due punti nella sua traduzione). È preferibile, però, considerare l’ultima metà del verso come l’inizio di una nuova unità.
In questo contesto, le parole “Da questo” si riferiscono a quanto viene detto prima anziché dopo. L’uso delle parole “si riconoscono” nel verso 10a collega la frase a quanto detto precedentemente in 2:29-3:9. I figli di Dio… si riconoscono dalla pratica della giustizia. Questo non deve essere considerato un test per la salvezza. Stando a Giovanni, l’unica prova per la salvezza è la fede (cfr. 5:1 e 5:9-13). Piuttosto, si tratta di una semplice affermazione su come i figli di Dio si distinguono.
Coloro che considerano 1 Giovanni come un prontuario per decidere chi è salvato e chi no fanno un cattivo uso del libro. Giovanni sta portando avanti il tema enunciato in 2:28, secondo cui coloro che rimangono in Lui possono presentarsi al cospetto del Signore con audacia. Dimorando in Lui, i credenti si rivelano come figli di Dio. Non è lo stesso, però, per coloro che non dimorano in Lui. La realtà del loro uomo interiore rigenerato rimane nascosta.
Lo stesso principio si applica a “i figli del diavolo”. Non esiste una ragione valida per considerare questa espressione in relazione a persone generalmente non salvate (si veda il v. 8). L’espressione figli del diavolo è di natura descrittiva. Alla luce di 2 Giovanni 9 (si vedano i commenti a riguardo), il Cristiano che si è allontanato dalla sana dottrina riguardante la persona e l’opera di Gesù Cristo e che si oppone fermamente alla verità, potrebbe essere descritto in quei termini. Non è più insolito del fatto che Gesù si sia rivolto al suo stesso discepolo Pietro chiamandolo “Satana” (Matteo 16:23). Il “figlio del diavolo” è chiunque compia l’opera del diavolo opponendosi alla verità.
Il credente non può essere figlio del diavolo. Nella sua posizione, è un figlio di Dio. Può comportarsi come un figlio del diavolo, però. Può vivere una vita che si riveli essere l’opposto di chi egli è come uomo interiore. Giovanni, naturalmente, sta invitando i suoi lettori credenti e maturi a continuare a mettere in pratica la giustizia, a vivere in accordo al proprio io interiore.
1 New King James Version, una delle traduzioni in lingua inglese della Bibbia.
di Bob Wilkin
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Bob Wilkin (ThM, PhD, Dallas Theological Seminary) è il Fondatore e Direttore Esecutivo della Grace Evangelical Society e co-presentatore del programma Radio Grace in Focus. Vive a Highland Village, Texas, con sua moglie Sharon. I suoi ultimi libri sono Faith Alone in One Hundred Verses e Turn and Live: The Power of Repentance.