Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio.
Questo versetto viene spesso usato per insegnare che i “veri” credenti non praticheranno il peccato.
Si dice che 1 Giovanni 3:9 insegni che i credenti non peccheranno abitualmente.
Si noti in che modo le varie versioni e parafrasi1 traducono la prima parte del versetto. Alcune suggeriscono che la questione sia il peccato abituale. La New American Standard Bible recita: “Nessuno che sia nato da Dio pratica il peccato”. La Living Bible recita: “La persona che è nata nella famiglia di Dio non fa pratica di peccare“. La Amplified Bible dice: “Nessuno nato [generato] da Dio [deliberatamente e consapevolmente] pratica abitualmente il peccato“.
Dall’altra parte, altre traduzioni suggeriscono un’interpretazione più assoluta: la persona nata da Dio non pecca affatto. La New King James Version recita: “Chiunque è nato da Dio non pecca“2. La New International Version recita: “Nessuno che sia nato da Dio continua a peccare“.
Le traduzioni e le parafrasi mostrano che esistono due interpretazioni generali di questo verso: il peccato è abituale; il peccato è assoluto.
L’interpretazione secondo la quale il peccato è abituale presuppone che Giovanni stia insegnando, qui, la dottrina della perseveranza dei santi. I “veri” credenti non faranno del peccato uno stile di vita, non saranno dominati da esso. Si contraddistingueranno per santità e obbedienza. Per il “vero” credente, i peccati sono solo delle deviazioni occasionali.
La seconda posizione è chiamata “la nuova natura”. Secondo questa interpretazione, i credenti non peccano mai come risultato della loro nuova natura di nati da Dio. La nuova natura non pecca nemmeno occasionalmente: è senza peccato. L’idea è che Giovanni stia invitando i suoi lettori a dimorare in Cristo e a vivere secondo la loro nuova natura di persone nate da Dio.
Qual è quella giusta?
La visione del peccato abituale guarda all’uso del tempo presente (poiei) come prova.
Questa argomentazione presenta gravi problemi. Innanzitutto, il tempo presente, senza l’ausilio di parole che lo qualifichino, non sta a significare ciò che la visione del peccato abituale suggerisce. In greco, il tempo presente può essere inteso in vari modi, uno dei quali è il presente abituale. Tuttavia, il presente abituale si riferisce a eventi che si ripetono più volte. Se Giovanni stesse dicendo questo a proposito dei credenti che peccano, vorrebbe dire che i credenti non peccano ripetutamente. Se i credenti, però, peccano quotidianamente – come, per l’appunto, fanno (cfr. 1 Giovanni 1:8, 10) – allora peccano abitualmente in senso grammaticale. I. Howard Marshall ha commentato riguardo alla questione del tempo verbale:
[Questo] implica che i traduttori vadano ad enfatizzare la forma verbale del presente continuo così come non fanno in altre parti del Nuovo Testamento (The Epistles of John, NICNT, p. 180).
Analogamente, C. H. Dodd scrive:
Tutto questo [l’idea che il credente non pecchi abitualmente] è vero. Tuttavia, è legittimo dubitare che il lettore possa comprendere una dottrina così sottile semplicemente sulla base di una precisa distinzione dei tempi verbali, senza ulteriori indicazioni. (The Johannine Epistles, p. 79).
Un’altra difficoltà, con questa interpretazione, è che viene da chiedersi perché Dio preserverebbe i credenti dall’essere dominati dal peccato, ma non dal peccare del tutto. I. Howard Marshall scrive:
Se i credenti non peccano abitualmente perché il seme di Dio rimane in loro (3:9b), è difficile comprendere perché Dio preserverebbe i credenti da alcuni peccati, ma non da tutti i peccati. Dobbiamo, quindi, chiederci se una tale sottigliezza grammaticale possa essere usata per sostenere un’interpretazione cruciale. (The Epistles of John, p. 180).
L’interpretazione del peccato abituale è esclusa anche dal contesto. Nel versetto 5, Giovanni dice che in Cristo non c’è peccato. Intendeva, chiaramente, che non c’è assolutamente nessun peccato in Lui. Poi, nella frase immediatamente successiva, dice che coloro che dimorano in Cristo non peccano. È difficile che Giovanni volesse dire che Cristo non pecca affatto, mentre coloro che dimorano in Lui peccano, ma non molto. Il punto di Giovanni, chiaramente, è che il peccato non è mai l’espressione del dimorare in Cristo. Quando dimoriamo in Lui non pecchiamo affatto.
Il versetto 9 costituisce uno sviluppo ulteriore di questo punto. Nessun credente pecca mai come espressione della sua nuova natura. Pertanto, mentre il credente esprime la sua nuova natura nella sua esperienza di vita, non peccherà perché il seme di Dio rimane in lui (1 Giovanni 3:9b).
Alford osserva che: “Se il figlio di Dio cade nel peccato, è un atto contro la [sua] natura” (Hebrews-Revelation, p. 465). Allo stesso modo, Brooke scrive:
Il fatto che [il credente] sia stato generato da Dio, esclude la possibilità che commettere il peccato sia la manifestazione della sua vera natura, sebbene i peccati, concretamente, possano verificarsi, e si verificano, nella misura in cui egli non riesce, per debolezza, a comprendere la sua vera identità (The Johannine Epistles, p. 89).
1 Giovanni 3:9 non insegna la dottrina riformata della perseveranza dei santi. In realtà, nessun passo della Bibbia lo fa. Dio è Colui che persevera. I santi, nella migliore delle ipotesi, sbagliano quotidianamente. 1 Giovanni 3:9 è un appello alla santità. La nostra nuova natura è pura e santa: facciamo sì che la nostra esperienza di vita corrisponda alla nostra posizione in Cristo. Certo, qui c’è un mistero. Giovanni dice, in 1 Giovanni 1:8, 10, che i credenti non possono giungere alla perfezione, senza peccato, nella loro esperienza. Tuttavia, possiamo permettere alla nostra nuova natura di dominare il nostro vissuto in modo da condurre regolarmente una vita santa. Che possiamo vivere in linea con quello che siamo: figli di un Dio Santo, che ci ha salvati con la sua straordinaria grazia gratuita.
1 Vengono prese in considerazione diverse versioni della Bibbia in lingua inglese.
2 Traduzione equivalente a quella de La Nuova Diodati, citata in apertura di articolo.
di Bob Wilkin
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Bob Wilkin (ThM, PhD, Dallas Theological Seminary) è il Fondatore e Direttore Esecutivo della Grace Evangelical Society e co-presentatore del programma Radio Grace in Focus. Vive a Highland Village, Texas, con sua moglie Sharon. I suoi ultimi libri sono Faith Alone in One Hundred Verses e Turn and Live: The Power of Repentance.