Anche se molte volte inconsapevolmente, siamo tutti un po’ influenzati dalle nostre tradizioni religiose. Se non stiamo attenti, queste tradizioni possono portarci a vedere le cose attraverso delle lenti distorte. Un esempio riguarda il modo in cui interpretiamo alcune parole nella Bibbia, senza considerare come vengono usate queste parole.
Prendete, per esempio, la parola condanna in Giuda 4. Molti cristiani, al sentire questa parola, pensano automaticamente allo stagno di fuoco. Abbiamo ascoltato molti predicatori dire che si è condannati all’inferno. In Giuda 4, il fratellastro del Signore scrive a riguardo di “uomini empi”. Per molti, questo sostiene la visione comune che Giuda si stia riferendo a coloro che vengono gettati nell’inferno eterno. Alcuni addirittura pensano che Giuda stia parlando di falsi insegnanti che stavano vivendo delle vite dissolute. Lo stagno di fuoco è il luogo dove vanno gli empi, specialmente i falsi insegnanti.
Alcuni vanno anche oltre e finiscono per riflettere un’altra tradizione religiosa. Giuda dice, nello stesso verso, che a questi uomini già da tempo è stata scritta questa condanna da parte di Dio. Così si supporta il pensiero erroneo che Dio sceglie – anche prima che fossero nati – coloro che entreranno nel regno e coloro che saranno invece gettati nello stagno di fuoco. Questi empi, per usare un termine religioso, sono “predestinati” alla condanna dell’inferno eterno.
È straordinario che, a seconda delle tradizioni religiose che si hanno, l’interpretazione di una singola parola può portare a comprensioni diverse. Giuda, tuttavia, non sta dicendo questo. Dovremmo prendere tutto questo come un avvertimento ad essere degli studenti cauti della Bibbia. Dovremmo stare attenti a non permettere, in maniera acritica, alle nostre tradizioni preconcette di determinare come interpretare la Bibbia.
Chiunque può fare una ricerca breve della parola greca tradotta condanna in Giuda 4 (krima). È una parola comune per il NT, ed è chiaro che nella maggior parte delle volte non si riferisce a ”andare all’inferno”. Ecco alcuni versi in cui appare – 1Cor 6:7; 11:29, 34; e Giac 3:1 – che dovrebbero escludere quel senso. Questi passaggi darebbero a qualsiasi studente il sospetto che la parola è forse meglio tradotta come “giudizio”.
Allora, quale tipo di “giudizio” ha Giuda in mente? Chiaramente, è un “giudizio” per questa vita. Cita infatti tre esempi nei versi 5-7. Gli ebrei che disobbedirono a Dio a Kadesh Barnea furono giudicati e morirono nel deserto. In Genesi 6, gli angeli caduti che avevano peccato furono giudicati e gettati in prigione – che non significa inferno, dato che nessuna creatura attualmente si trova nello stagno di fuoco. Questi angeli sono adesso li. Gli uomini di Sodoma e Gomorra furono giudicati e uccisi da Dio per i loro peccati sessuali.
Lo scopo di Giuda è di dire che Dio ha determinato dall’eternità passata che avrebbe punito gli uomini per i loro peccati in questa vita. Gli uomini e le donne che si lasciano coinvolgere in attività peccaminose aprono la strada al giudizio. Questo è vero sia per i credenti che per i non credenti. I falsi insegnanti, di cui Giuda parla, sono in pericolo di cadere sotto un giudizio terribile. Poteva succedere in ogni momento. Nel caso degli ebrei a Kadesh, molti erano credenti. La loro grande ribellione contro Dio li aveva portato a vagabondare per anni– e alla fine a morire – nel deserto. Non entrarono nelle benedizioni della Terra Promessa.
Che differenza fa capire quel che Giuda intende con la parola condanna! Le nostre orecchie, abituate dalle nostre tradizioni, potrebbero prendere quella parola e trasformarla in una mostruosità teologica. Potremmo insegnare che Dio ha scelto alcune persone per lo stagno di fuoco e che non c’è nulla che possano fare per evitarlo.
Allo stesso tempo, quelle tradizioni possono portarci a perdere l’obiettivo che Giuda vuole che raggiungiamo. Il peccato nelle vite di entrambi credenti e non credenti dà il benvenuto al giudizio di Dio. Questo non ha nulla a che vedere con l’entrata nel regno. Entrare nel regno è un dono dato a tutti quelli che credono in Gesù per ottenerlo. Giuda si occupa di un altro problema. Sta ricordando ai lettori che Dio è un Dio santo.
Possa Giuda 4 ricordarci ancora una volta di lasciare che la Parola di Dio stessa detti il modo in cui dobbiamo interpretarla.
Di Kenneth Yates
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Ken Yates (ThM, PhD, Seminario Teologico di Dallas) è Editore del giornale della Grace Evangelical Society, Relatore Internazionale GES e della East Coast. Il suo ultimo libro si intitola: Hebrews: Partners with Christ.