Come facciamo a decidere come applicare la Parola di Dio?
Alcune tradizioni oggi ci dicono che indossare dei vestiti troppo colorati è peccaminoso. Persino l’uso di bottoni è considerato un peccato, secondo alcune tradizioni.
Altre tradizioni ci dicono che bere caffè o tè ci porta a trasgredire i comandamenti di Dio.
Altri dicono che mangiare maiale è violazione della Parola di Dio.
In base a cosa decidiamo come applicare la Parola di Dio correttamente?
Phillip Chidavaenzi scrive in un articolo per il giornale Standard, del 18 Dicembre 2016: “Molti pastori cominciano adesso ad incorporare le loro idee ed opinioni al vangelo, ma Dio non è obbligato ad onorare le vostre opinioni. Egli onora solo la Sua Parola.”
Ci sono molte tradizioni oggi che sono profondamente radicate. I cristiani sono stati influenzati dalla propria cultura, le scuole, la stampa e i film.
In che modo decidiamo quali tradizioni sono buone e quali sono cattive?
Il Signore Gesù ci chiama ad esaminare le nostre tradizioni alla luce delle Scritture in Marco 7:1-16.
I leader religiosi d’Israele avevano la tradizione che mangiare senza lavare le mani “in maniera particolare” era peccato. PECCATO.
Nel volume The Bible Knowledge Commentary, John Grassmick commenta, “queste interpretazioni, concepite per regolare ogni aspetto della vita ebraica, erano considerate vincolanti tanto quanto la Legge scritta…” (“Mark”, pp. 132-33). William Lane indica che il problema qui è molto più grande della questione del lavarsi le mani, infatti afferma, “Mangiare pane senza preoccupazione alcuna per la rimozione della contaminazione rituale era soltanto un’occasione immediata per questo tipo di confronto. L’occasione ultima era l’evidente disprezzo da parte di Gesù per l’intera struttura della tradizione orale…” (The Gospel of Mark, Eerdmans, p.245).
Loro parlavano della “tradizione degli antichi” (v5). Il Signore Gesù condannava i loro insegnamenti in quanto “tradizione degli uomini” (v8) e “la vostra tradizione” (v9). Avevano elevato le loro tradizioni al livello dei comandamenti di Dio. Eppure, non esiste nessun comandamento che riguarda il lavarsi le mani nelle Scritture.
I rabbini ebrei crearono questo comandamento col tempo. Avevano studiato il VT ed erano giunti a scrivere una lista di centinaia di tradizioni che non si trovavano nel VT. Loro credevano che queste fossero delle applicazioni ragionevoli del VT.
Bisogna fare molta attenzione alle applicazioni. È necessario che le applicazioni non contraddicano i comandamenti di Dio.
Gesù non mostra interesse verso le azioni dei discepoli fino al verso 14-16. Qui Lui chiaramente li difende. Il punto del Suo discorso è che sono le azioni e le parole dei Farisei e degli scribi ad essere sbagliate.
Il Signore cita da Isaia. R.T.France commenta, “La preoccupazione di Gesù si mostra nella seconda metà della citazione di Isaia, cioè che regole e leggi basate meramente sull’autorità dell’uomo non comportano quel tipo di responso che Dio richiede al suo popolo” (The Gospel of Mark, Eerdmans, p.285).
Isaia rimproverava gli ebrei della sua generazione perché onoravano Dio con le loro labbra, quando i loro cuori erano lontani da Dio. Adoravano Dio. Ma la loro adorazione era “invano”. Vana adorazione equivale a “vuota adorazione”.
Dichiarare il Nome di Dio invano vuol dire usarlo in una maniera vuota. Adorare Dio solo con le parole, mentre il cuore è lontano milioni di chilometri, è adorazione vana.
Isaia disse che la ragione per cui i loro cuori era lontana da Dio e che la loro lode era invano, era perché insegnavano come dottrina i comandamenti degli uomini. Il vero problema del modo in cui i Farisei approcciavano Gesù riguardo al lavaggio delle mani è esempio primario di questo.
Gesù stava applicando quello che Isaia aveva scritto 750 anni prima proprio alle persone che lo stavano confrontando. Anche loro stavano insegnando regole fatte da uomini come se fossero dottrine.
Avevano accusato Gesù e i Suoi discepoli di mettere da parte le tradizioni degli anziani e implicitamente i comandamenti di Dio. Il Signore invece aveva rivoltato le carte in gioco, accusando loro di mettere da parte i comandamenti di Dio (v8).
France lo spiega in maniera eccellente: “Ciò che viene da Dio ha il carattere autoritativo dell’entolē [comandamento], che richiede obbedienza; ciò che viene dall’autorità umana è mera paradosis [tradizione], che può o no essere di valore per sé stesso, ma non può avere lo stesso carattere mandatario” (p.285).
Il Signore continua a dare un esempio nei versi 9-13.
Nel verso 9, il Signore usa un verbo diverso per spiegare che loro avevano rigettato il comandamento di Dio affinché potessero “mantenere la [loro] tradizione.”
Gesù poi dà esempio di come le loro tradizioni inavvertitamente rigettassero il quinto comandamento!
Brooks commenta, “Gesù accusò gli scribi di deporre una legge di primaria importanza (la legge che onora i genitori attraverso la cura loro dovuta nell’età senile) per osservarne una di secondaria importanza (la legge sull’adempimento dei voti). Una cosa del genere spesso è il risultato di un legalismo estremo” (Mark, Broadman & Holman, p.116).
Gli ebrei avevano creato una tradizione che diceva che se uno aveva dedicato una somma da dare a Dio, allora andava pagata anche se i suoi genitori anziani ne avevano bisogno.
Nella tradizione ebraica, se uno aveva fatto voto di donare una certa somma di denaro al tempio, allora quel pegno precedeva tutte le altre obbligazioni, persino il prendersi cura dei genitori anziani e nel bisogno.
Quella particolare tradizione rigettava il comandamento di Dio di onorare il padre e la madre. Il verso 14 in greco letterale dice, “così rendete vuota [o annullate] la parola di Dio per la vostra tradizione che avete tramandato”
Le tradizioni religiose possono mettere da parte (v8), rigettare (v9) ed annullare (v13) la Parola di Dio.
Se una tradizione contraddice la Parola di Dio allora vuol dire che è male e dovremmo rigettarla.
La fine del verso 13 è particolarmente schiacciante: “Di cose simili ne fate molte”. Dando per scontato che la maggior parte dei manoscritti sono corretti, questa è la seconda volta (la prima – v8) che il Signore lo dice.
Il legalismo può avere delle buone intenzioni. Ma mette da parte, rigetta e annulla i comandamenti di Dio.
Quando il Signore parla di contaminazione nei versi 14-16, si riferisce ad una contaminazione morale. John Grassmick dice che “Una persona si contamina moralmente da ciò che pensa nel suo cuore anche se osserva scrupolosamente rituali per la purità all’esterno. Così, Gesù contraddice la visione Rabbinica dichiarando che il peccato procede da dentro e non da fuori (cf Ger 17:9-10) (“Mark” in BKC, p.134).
I Farisei e gli scribi erano molto preoccupati per la contaminazione cerimoniale. Eppure, essi si contaminavano con le loro parole e azioni autocelebrate giuste.
I discepoli non avevano fatto nulla di male mangiando pane senza essersi lavati le mani in maniera cerimoniale.
William Lane in modo coinciso riassume così le ragioni di Gesù: “Gesù pone in opposizione radicale purità morale e purità materiale” (Mark, p.254).
Molti evangelici oggi leggono un passaggio come Marco 7:1-16 e riconoscono che i Farisei e gli scribi si stavano mostrando legalisti nel richiedere il lavaggio delle mani prima del pasto, secondo pratica religiosa. Eppure, gli stessi evangelici non riescono a riconoscere quando loro stessi applicano la stessa cosa seguendo alcune delle loro stesse tradizioni. Riusciamo a farlo? Riusciamo a riconoscere quando le nostre tradizioni ci portano a violare la Parola di Dio?
Scriverò quattro articoli nel blog per illustrare le tradizioni moderne che annullano la Parola di Dio.
Di Bob Wilkin
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Bob Wilkin è il Direttore Esecutivo della Grace Evangelical Society e co-presentatore del programma Radio Grace in Focus. Vive in Highland Village, Texas, con sua moglie Sharon. Il suo ultimo libro è Turn and Live: The Power of Repentance.