Come molte bambine, da piccola ho preso lezioni di danza classica. Ho fatto molta strada, arrivando persino a prendere le punte quando ero alle scuole medie. Sebbene abbia da tempo smesso le scarpette da ballo, una lezione che mi è rimasta impressa è l’importanza dell’equilibrio. Qualsiasi ballerina degna di questo nome vi dirà che l’equilibrio è la chiave per una buona performance. Trascorrevamo ore e ore alla sbarra, dove ci esercitavamo con i plié e le giravolte. Mantenere l’equilibrio richiede molto lavoro, soprattutto per le posizioni e i salti più difficili. Mi sono ricordata di quelle innumerevoli ore quando una vecchia amica mi ha chiesto di parlare di una cosa detta dal suo pastore.
Costui ha usato una parola interessante per descrivere la sua visione del ruolo delle opere rispetto alla salvezza. Ha sostenuto che la salvezza avviene per grazia attraverso la sola fede e non attraverso le opere. Poi, nella frase immediatamente successiva, ha affermato che le opere sono necessarie per la salvezza finale. Stranamente, ha riconosciuto che c’è un problema con queste affermazioni contraddittorie. Ammettendo che c’era una “frizione” tra loro, ha dichiarato che usare le parole giuste per cogliere l’equilibrio tra grazia e opere rappresentava una sfida.
Nel tipico stile della Signoria della Salvezza, ha continuato illustrando la sua visione “equilibrata” della salvezza sia per grazia che per opere. GES ha scritto molto sulla Signoria della Salvezza e sulle sue numerose insidie. (Si vedano gli articoli qui e qui per maggiori informazioni sull’argomento) Ciò che mi ha colpito di questa conversazione è stato l’uso della parola equilibrio. L’avevo vista usata da Oswalt nella sua discussione su Is 1:18. Riguardo al perdono di cui si parla in Is 1:18, Oswalt afferma:
C’è un delicato equilibrio da mantenere, qui, tra la libertà umana e la sovranità divina. Da un lato, non si deve sostenere che l’obbedienza produca il perdono. Dio perdona e purifica non perché deve, ma perché lo desidera e ha creato un modo per farlo attraverso la morte e la risurrezione di Cristo. D’altra parte, però, è anche evidente che Dio non dimostra il perdono a coloro che non sono disposti a obbedire. Tutto il linguaggio retorico dei profeti, che esortano le persone ad obbedire, è in opposizione a qualsiasi posizione secondo la quale il perdono di Dio possa essere provato a prescindere da una disposizione ad obbedirgli. (John Oswalt, The Book of Isaiah, p. 102, corsivo dell’autore).
Oswalt equipara il perdono alla salvezza eterna. Egli considera Is 1:18 un riferimento alla salvezza eterna, ma non può fare a meno di riconoscere la clamorosa incongruenza tra questo passo – che parla di opere ed obbedienza – e i numerosi passaggi della Scrittura che insegnano il perdono e la salvezza a prescindere da qualsiasi opera od obbedienza da parte dell’uomo (per saperne di più su questo passo si veda questo articolo).
Incapace di armonizzare la contraddizione, Oswalt, come il pastore della mia amica, inizia a parlare in termini di equilibrio. Oswalt vede la salvezza eterna come un gesto di equilibrio in cui il credente deve tenere grazia ed opere in parti uguali. Come una ballerina, il credente deve stare attento a mantenere questo equilibrio, perché non deve pendere troppo verso la grazia a buon mercato o verso la salvezza per opere: entrambe devono essere possedute in parti uguali.
Tutto questo non ha senso. La parola equilibrio dovrebbe essere eliminata dalle conversazioni sulla salvezza eterna e sul suo rapporto con le opere. Si tratta di un flebile tentativo da parte dei sostenitori della salvezza per opere di aggiungere l’obbedienza al messaggio della salvezza. Invece di tenere separate la grazia e le opere (Ro 11:6), annullano la grazia. Inoltre, non è un termine o un concetto usato nel NT per descrivere la relazione tra la vita eterna e le opere.
La parola equilibrio (che è anche tradotta come bilancia) è usata solo una volta nel NT (Ap 6:5). Si riferisce alla bilancia che un angelo tiene in mano. Allo stesso modo, nell’AT è usata per indicare le bilance usate per pesare il denaro o il grano. Non viene mai usata nel Vangelo di Giovanni quando il Signore evangelizza i non credenti, né viene mai usata per indicare il modo in cui i credenti dovrebbero considerare il ruolo delle opere nella loro vita. Al contrario, gli autori delle Scritture considerano il dono della vita eterna come un concetto separato dalla questione delle opere: andrebbero tenuti distinti l’uno dall’altro (Ef 2:8-9). L’uso improprio della parola equilibrio implica che la salvezza eterna sia mantenuta attraverso parti uguali di fede ed obbedienza.
Infine, la parola equilibrio dipinge la salvezza come qualcosa di incerto. Quando ripenso ai miei giorni da ballerina, uno dei miei ricordi più vividi è quello di aver ricevuto il mio primo paio di scarpe da punta. Quello che ricordo meglio è quanto fosse difficile mantenere l’equilibrio, anche dopo tanti anni di danza. Ero instabile e spesso cadevo durante le giravolte. L’equilibrio era difficile da mantenere, anche per una ballerina esperta. Se gli insegnanti della Bibbia usano questa parola per descrivere la posizione eterna del credente, ne seguirà sicuramente incertezza. Al contrario, quando il Signore parlava della sicurezza del credente, si basava sempre sul fondamento certo della sua promessa che chiunque crede in Lui ha (al presente) la vita eterna e non perirà mai (Giovanni 6:47).
Il destino eterno del credente non dovrebbe mai essere rappresentato come qualcosa che è in bilico.
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Kathryn ha conseguito un master in studi cristiani presso il Luther Rice Seminary. Coordina i nostri viaggi missionari a breve termine, occupandosi anche in parte dell’insegnamento, tiene conferenze e studi per le donne e collabora regolarmente alla nostra rivista e ai nostri blog. Insieme a suo marito Dewey vive a Columbia, SC.