Il Nuovo Testamento non indora la pillola quando si tratta dei leader religiosi ebrei del primo secolo. Vengono descritti come sepolcri imbiancati, serpenti e avidi. Alla fine, i capi religiosi uccidono il loro stesso Messia. A causa di questi esempi e del tono generale del NT, la parola fariseo porta con sé una connotazione negativa per la maggior parte di coloro che studiano la Bibbia; molti classificano automaticamente tutti i Farisei come non credenti.
Tuttavia, le Scritture non hanno un approccio univoco nei confronti dell’élite religiosa. Giovanni dice che molti dei capi vennero alla fede (Giovanni 12:42). Il capitolo 3 riporta una delle più grandi conversazioni evangelistiche del Signore, quella con un fariseo di nome Nicodemo. Nicodemo probabilmente giunse alla fede quella notte, o di lì a poco, e aiutò a seppellire il corpo del Signore dopo la Sua morte (Giovanni 19:39).
Nel Vangelo di Luca, ci sono due racconti in cui il Signore viene invitato a cena da un fariseo. Dapprima, in Luca 14:1a:
“Gesù entrò di sabato in casa di uno dei principali farisei per prendere cibo…”
La scena è pronta e i personaggi sono in posizione. A prima vista, il cattivo deve essere il fariseo. Tuttavia, nel prosieguo del brano, il Signore si rivolge direttamente a lui nel versetto 12, per poi presentare una parabola relativa alla dottrina delle ricompense. Egli istruisce il fariseo nell’ invitare i poveri e i malati quando dà una cena, in modo che, alla risurrezione, sarà ricompensato per il suo fedele servizio. Si noti questo: Il Signore ritiene che questo fariseo sarà presente alla risurrezione. Inoltre, sta istruendo l’uomo su come vivere una vita che sarà ricompensata. Gesù sta parlando di opere, non del dono della vita eterna. Questo è un linguaggio da discepoli e quindi non si rivolge a un non credente. È fondamentale giungere al brano con il pensiero che un fariseo possa essere sia credente che non. Se viene catalogato come non credente, questi versetti potrebbero essere erroneamente interpretati secondo una salvezza per opere.
Il secondo fariseo che invita Gesù a cena è un uomo di nome Simone (Lu 7:36-55). Come nel caso del fariseo nel capitolo 14, il Signore presenta a Simone una breve parabola. Questa volta, però, il Signore traccia un contrasto tra il fariseo e la donna peccatrice che gli lavò i piedi con le sue lacrime (vv. 37-38). Simone non reagisce bene alla presenza della donna peccatrice o alle sue azioni. È orgoglioso e moralista. Anche in questo caso, il pregiudizio può influenzare l’interpretazione di questo racconto. Poiché Simone è un fariseo e siccome risponde così male alle donne, molti giungono a questo passo e ne deducono che egli sia un non credente. Tuttavia, la parabola che il Signore presenta suggerisce uno scenario diverso.
«Un creditore aveva due debitori; l’uno gli doveva cinquecento denari e l’altro cinquanta. E poiché non avevano di che pagare, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?» Simone rispose: «Ritengo sia colui al quale ha condonato di più». (Luca 7:41-43) [enfasi aggiunta].
Due aspetti di questa parabola sono degni di nota. In primo luogo, raffigura due persone che hanno un debito. Gesù spiega poi che i due debitori rappresentano Simone e la donna. Entrambi vengono descritti come perdonati. Il Signore sta dicendo che Simone è stato perdonato. Sarebbe una strana descrizione se si trattasse di un non credente. Il perdono è una questione di comunione, il che si adatta al contesto narrativo. Simone, che ha invitato il Signore a casa sua per mangiare, è arrabbiato perché Egli ha permesso a una donna del genere di toccarlo. Nella sua presunzione, Simone crede di essere degno della comunione e dell’attenzione del Signore, ma non la donna peccatrice. Eppure, la donna mostra al Signore più amore ed apprezzamento. Questo è il messaggio principale del brano. Il Signore loda la donna perché gli ha mostrato più amore e rimprovera Simone perché non gli ha mostrato nemmeno il rispetto minimo dovuto secondo la consuetudine.
Ancora una volta, si tratterebbe di una strana lamentela da parte del Signore se fosse rivolta ad un non credente. La persona non rigenerata non avrebbe motivo di mostrare al Signore apprezzamento o amore. Come per il fariseo nel capitolo 14, siamo di fronte ad un linguaggio da discepoli. Alla donna è stato perdonato di più, quindi ella ama di più. Simone si stava comportando da moralista e da ingrato, ma questo non significa che non fosse salvo.
C’è una certa ironia in questo passo. Così come Simone guardò dall’alto in basso la donna peccatrice e pensò che il Signore non avrebbe avuto comunione con una persona così degenerata, molti interpreti arrivano a questi versi e trattano Simone allo stesso modo. Tuttavia, il Signore non è venuto a insegnare solo al credente carnale, ma anche a quello legalista.
Alla luce di queste problematiche, è importante esaminare questi passaggi e questi uomini individualmente. Se chi studia la Bibbia colloca automaticamente tutti gli Ebrei religiosi, compresi i Farisei, nella veste di miscredenti, questo potrebbe avere un impatto negativo sul modo in cui questi passi vanno applicati. Anziché dai nostri pregiudizi teologici, il modo in cui questi uomini vengono visti dovrebbe essere determinato dal contesto. Cerchiamo di evitare la stereotipizzazione delle persone che incontriamo nelle Scritture, anche se non sono quelle che preferiamo.
di Kathryn Wright