George Santayana notoriamente ha scritto: “Coloro che non imparano dalla storia sono destinati a ripeterla”. Dimentica però di menzionare che coloro che imparano dalla storia devono purtroppo guardare tutti gli altri che invece la ripetono. È molto frustrante. Non c’è dubbio che l’autore di Ebrei si sia sentito così. I credenti ebrei ai quali stava scrivendo stavano sul punto di commettere gli stessi errori dei loro antenati, e l’autore della lettera voleva avvertirli delle conseguenze che sarebbero seguite. In Ebrei 10:26-39 menziona vari versi dal Vecchio Testamento che riferiscono del giudizio temporale di Dio verso Israele per dimostrare che il risultato dell’apostasia da Cristo avrebbe portato ad un giudizio temporale catastrofico.
Il Sistema Levitico era Insufficiente
Il capitolo 10 inizia con una spiegazione di come la Legge Mosaica non era mai stata pensata per essere definitiva, ma solo un indicatore di “beni futuri”, cioè, della croce (v1). I sacrifici animale non avrebbero mai potuto davvero togliere il peccato (vv14). Per quanto attraente poteva apparire agli Ebrei il giudaismo levitico, i sacerdoti del Tempio non potevano fare espiazione per il peccato. Questo è stato compiuto da Gesù, che ha effettuato “un unico sacrificio per i peccati”, e ora si trova nel Luogo Santissimo del cielo, intercedendo per il Suo popolo in un modo tale che l’alto sacerdote ebreo non poteva uguagliare. Così, piuttosto che tornare al Giudaismo, l’autore sollecita gli Ebrei ad avvicinarsi con cuore sincero a Cristo e a non abbandonare la comune adunanza perché “il giorno” si stava avvicinando (10:22-25). E a questo punto parte l’avvertimento.
Il pericolo del peccato volontario
10:26-27 Infatti indica che l’avvertimento segue le verità che l’autore ha appena spiegato. Ma l’avvertimento era condizionale (se persistiamo nel peccare volontariamente). Il se dimostra che non avevano ancora commesso il peccato in questione e il noi dimostra che l’autore include sé stesso nell’avvertimento, e questo significa che si sta rivolgendo a credenti, persone rigenerate.
Diversi commentatori suggeriscono che il peccato volontario sia un’allusione al peccato presuntuoso di Numeri 15:
Ma la persona che agisce con proposito deliberato, sia nativo del paese o straniero, oltraggia il Signore; quella persona sarà eliminata dal mezzo del suo popolo. Siccome ha disprezzato la parola del Signore e ha violato il suo comandamento, quella persona dovrà essere eliminata; porterà il peso della sua *iniquità! (Num 15:30, corsivo aggiunta)
Un peccato volontario non è qualcosa che viene fatto accidentalmente o in ignoranza. Non è quello con cui i credenti lottano ogni giorno con rimorso. Il peccato volontario è sfrontato. È presuntuoso, pianificato e fatto col proposito di sfidare Dio. Se gli Ebrei avessero commesso il peccato volontario dopo aver ricevuto la conoscenza della verità circa la supremazia di Cristo sui sacrifici mosaici, non rimane più alcun sacrificio per i peccati. Non solo il sacrificio di Cristo ha rimpiazzato il sacrificio animale del Tempio, ma nemmeno il sacrificio di Cristo li avrebbe protetti dal giudizio temporale che gli sarebbe piombato addosso. In Numeri, la punizione per il peccato volontario era la morte fisica (non condanna eterna). Così, nessun sacrificio li avrebbe protetti dall’indignazione fiammeggiante che avrebbe divorato i Suoi avversari se avessero rigettato Cristo (cfr Isa 26:11). Questo linguaggio fa eco agli avvertimenti che Sofonia aveva dato a Giuda prima che Babilonia distruggesse Gerusalemme e il Tempio scrivendo:
Il gran giorno del Signore è vicino;
è vicino e viene in gran fretta;
si sente venire il giorno del Signore
e il più valoroso grida amaramente.Quel giorno è un giorno d’ira,
un giorno di sventura e d’angoscia,
un giorno di rovina e di desolazione,
un giorno di tenebre e caligine,
un giorno di nuvole e di fitta oscurità,Né il loro argento né il loro oro potrà liberarli
nel giorno dell’ira del Signore;
ma tutto il paese sarà divorato dal fuoco della sua gelosia;
poiché egli farà una distruzione improvvisa e totale di tutti gli abitanti del paese. (Sef. 1:14-15, 18)
Sia Sefonia che l’autore di Ebrei mettevano in guardia che “il giorno del Signore” era imminente (cfr. Ebr 1:2; 2:5; 3:6, 14; 6:11; 9:28; 10:25, 37), che questo giorno sarebbe stato il tempo dell’ira di Dio (cfr Ebr3:11, 4:3) e che il giudizio di Dio era come un fuoco consumante (cfr Ebr 10:27; 12:29). La profezia di Sefonia fu compiuta nel 586 AC, quando Babilonia distrusse Gerusalemme e il Tempio. È forse una coincidenza che solo pochi anni dopo la stesura di Ebrei, i Romani distruggano Gerusalemme e il Tempio nel 70 DC?1
Il Pericolo dell’Idolatria
10:28-29. Qual è il peccato volontario? Si pensa che l’autore avesse in mente l’idolatria quando cita, Chi trasgredisce la legge di *Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Questa è una citazione dal Deuteronomio, per quanto riguarda la punizione per idolatria:
Se in mezzo a te, in una delle città che il Signore, il tuo Dio, ti dà, si troverà un uomo o una donna che fa ciò che è male agli occhi del Signore tuo Dio, trasgredendo il suo patto, che segue altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro, davanti al sole o alla luna o a tutto l’esercito celeste, cosa che io non ho comandato, quando ciò ti sarà riferito e tu l’avrai saputo, fa’ un’accurata indagine; se è vero, se il fatto sussiste, se una tale abominazione è stata realmente commessa in Israele, farai condurre alle porte della tua città quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’atto malvagio e lapiderai a morte quell’uomo o quella donna. Il condannato sarà messo a morte in base alla deposizione di due o di tre testimoni; non sarà messo a morte in base alla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire, poi la mano di tutto il popolo; cosí toglierai via il male di mezzo a te (Deut 17:2-7, corsivo aggiunto).
Se un ebreo trasgrediva il patto Mosaico e commetteva adulterio, doveva essere messo a morte sulla base della testimonianza di due o tre testimoni.
L’autore di Ebrei cita questa legge perché gli Ebrei erano sul punto di commettere idolatria. Con la differenza che invece di trasgredire il Patto Mosaico, erano sul punto di trasgredire il Nuovo Patto (cioè, rischiavano di trattare il sangue del patto come profano). Nell’abbandonare l’agnello di Dio per tornare al sangue di animali, gli Ebrei avrebbero messo una tipologia al posto della verità di Dio, il che equivale a idolatria. Così, sarebbero incappati nella condanna di Deut 17:2-7. Con la differenza, che la loro punizione sarebbe stata peggiore.
Il punto dell’autore è dal minore al maggiore: se gli Ebrei rigettavano Cristo e trasgredivano il Nuovo Patto, di quale peggior castigo avrebbero sofferto?
Molti pensano che l’unico destino peggiore della morte sia la sofferenza in inferno. Questa non può essere la risposta giusta in questo caso perché l’autore sta parlando a credenti (incluso sé stesso), e credenti eternamente sicuri (John 3:16; 10:28-29; Rom 5:9-10; Heb 10:10, 14). Qual è allora la punizione peggiore della morte?
Un’opzione sarebbe di prendere questo avvertimento come generale per tutti i credenti, che se abbandonano la fede, Dio li farà soffrire in questa vita. Credenti apostati potrebbero essere afflitti da cose come malattie mentali, depressione, la morte di un figlio, tormentati da spiriti maligni, in rovina spirituale ed emotiva, e diseredati nella vita del millennio che viene.2
L’altra opzione sarebbe di prendere questo avvertimento come specifico, per una specifica comunità, su un giorno del giudizio imminente che vedrà uno sfogo particolare della rabbia di Dio. Questo tipo di giudizio è caduto su Israele nel 70 DC. Lo storico antico Giuseppe Flavio descrisse l’assedio di Gerusalemme in dettagli raccapriccianti. Per esempio, Giuseppe Flavio racconta la storia di Maria di Bethezuba che arrostì e poi mangiò suo figlio (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, VI). Steven Ger riassume così,
La severità di questo sfogo dell’ira di Dio è incontestabile. Con una popolazione di circa otto milioni di ebrei nel primo secolo, di cui circa tre milioni che vivevano in Israele, quasi un milione di Ebrei furono uccisi nella guerra contro Roma e circa novanta-sette mila furono deportati come schiavi. Fu, come riporta Giuseppe Flavio, la guerra più catastrofica che sia mai stata registrata nella stori.3
Tutti sperano in una morte veloce e indolore. Il racconto di Giuseppe Flavio ci dimostra chiaramente che alcune punizioni sono peggiori della morte.
Per cui, piuttosto che abbandonare il loro Signore senza alcun pudore, gli Ebrei avevano bisogno di riconoscere il pericolo che c’è nell’insultare lo spirito di grazia (to Pneuma tēs charitos). Questo è lo stesso termine che usa Zaccaria per descrivere il ruolo dello Spirito prima del Secondo Avvento:4
Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme
lo Spirito di grazia [Pneuma charitos] se di supplicazione;
essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto
e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico,
e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito (Zac 12:10, corsivo aggiunto)
Secondo Zaccaria, negli ultimi tempi (che l’autore di Ebrei credeva di vivere, vedi Ebr 1:2; 10:25, 37), il Signore avrebbe mandato “lo Spirito di grazia” per portare gli ebrei a pentirsi di aver ucciso il Messia. Questo è quello che è successo agli Ebrei: nonostante la maggior parte dei connazionali avevano rigettato e crocifisso il Signore, lo Spirito Santo li ha condotti alla fede. Se dopo si fossero riallontanati, avrebbero insultato lo Spirito di Grazia che li aveva condannati.
La Vendetta Di Dio
10:30-34. Ribellarsi a Dio non deve essere preso alla leggera. Gli Ebrei avrebbero dovuto essere familiari con le storie del giudizio giusto di Dio. Come gli ricorda l’autore, “A me la vendetta e la retribuzione” e, “Il Signore giudicherà il suo popolo”. Questa è una citazione da Deut 32:35-36, parte della Canzone di Mosè. È significativo che fra tutti i versi che descrivono del giudizio di Dio, l’autore sceglie di citare questa canzone. I primi insegnanti Dispensazionalisti lo consideravano una profezia della storia d’Israele fino al tempo del Messia (cfr Ap 15:3). Avevano intuito che i versi 35-36 descrivevano la vendetta di Dio contro le nazioni di Gentili che sarebbero venute contro Israele durante la Tribulazione. Arno Gaebelein lo spiega così:
Dio predice attraverso Mosè il futuro di un popolo apostata… La chiamata dei Gentili è anticipata nel canto di Mosè; la salvezza è venuta a noi Gentili con la loro caduta. Sembra quasi che stiano per perire completamente come nazione. Ma la canzone cambia improvvisamente. Geova sorgerà ancora in loro favore. Avverrà nel momento in cui il loro potere sarà svanito, in cui saranno impotenti e i loro nemici premono su di loro come mai prima d’ora nella loro lunga e buia notte di sofferenza e lacrime. Ciò accadrà alla fine di questa epoca presente, durante il predetto periodo di grandi guai, che verrà su di loro. Confronta il versetto 39 con Osea 1:15–6:3. Il giudizio, che è annunciato da Mosè nei versetti 40-42, è il giudizio che cadrà sulle nazioni gentili nel giorno in cui il Signore apparirà nella sua gloria (corsivo aggiunto)5.
L’applicazione generale è che Dio giudica il Suo popolo e che ci possono essere conseguenze serie nel disobbedire. Se questi versi nella Canzone di Mosè puntano profeticamente al Tempo dell’Angoscia di Giacobbe, si applicano forse solo agli ebrei credenti ancora in vita dopo il rapimento della Chiesa? Li sta mettendo in guardia che se avessero fatto apostasia avrebbero sofferto un giudizio severo durante la Tribolazione (le stesse persone avvertite nel Discorso dell’Oliveto e in Apocalisse)? Oppure l’autore stava avvertendo i credenti della Chiesa contemporanea circa la loro morte nella distruzione di Gerusalemme del 70 DC? Qualunque sia il caso, gli Ebrei avrebbero dovuto riconoscere che è terribile cadere nelle mani del Dio vivente in giudizio.
10:35-36. Certo, se avessero apostato, le loro azioni avrebbero avuto anche delle conseguenze eterne. Avrebbe influito nella loro posizione del regno Messianico. L’autore li pregava di non abbandonare la loro franchezza. Perseverare nella fede nel mezzo di prove portava a una grande ricompensa nel regno. L’autore di Ebrei aveva già incoraggiato i suoi lettori sul diventare co-partecipi del Messia (Ebr 3:14, cfr Luca 17:11-21), quindi, dovevano solo resistere, così da ricevere la promessa di ottenere una ricca eredità (cfr 2Pi 1:11)
10:37-39. Gli Ebrei avevano sofferto per la loro fede (vv 32-34). Dovevano solo stringersi alla loro confessione Cristiana per un brevissimo tempo, perché il Signore sarebbe ritornato presto e non tarderà. Per resistere alla persecuzione presente, l’autore gli ricorda le parole di Abacuc, cioè che il giusto vivrà per fede. Il profeta contrastò la liberazione dell’uomo giusto alla condanna dell’ingiusto (Ab 2:5-20). L’autore aveva certezza che gli Ebrei non sarebbero stati tra quelli che si tirano indietro a loro perdizione, cioè che fanno apostasia e muoiono sotto giudizio temporale di Dio. L’autore sperava che fossero tra coloro che credono e perseverano per ottenere la vita, ossia la salvezza della loro vita fisica dal giudizio che stava per arrivare (cfr Marr 24:9-14)6.
Conclusioni
L’avvertimento in Eb 10:26-39 non riguarda la possibilità per i credenti di perdere la vita eterna, ma di cadere sotto il giudizio temporale di Dio per il peccato di idolatria. Significativamente, l’avvertimento contiene diverse citazioni e allusioni a passaggi dell’Antico Testamento che parlano di una futura Tribolazione per Israele e della sofferenza che i credenti sperimenteranno in quel momento. Sebbene il passaggio possa essere interpretato come un avvertimento generale sul giudizio temporale che qualsiasi credente apostata potrebbe aspettarsi di affrontare, l’autore sembra aver messo in guardia un gruppo specifico di credenti ebrei sull’esperienza di un giudizio unico da parte di Dio se avessero abbandonato Cristo e avessero apostatato verso l’ebraismo. Dovremmo imparare dall’esempio degli Ebrei e attenerci saldamente alla nostra fede in Cristo, sapendo che la nostra perseveranza sarà ampiamente ricompensata dal nostro Redentore che sta per ritornare.
Di Shawn Lazar
1 Arnold Fruchtenbaum, The Messianic Jewish Epistles (San Antonio, TX: Ariel Ministries, 2005), 144
2 See Joseph Dillow, Final Destiny: The Future Reign of the Servant Kings (The Woodlands, TX: Grace Theology Press, 2013), 664-65.
3 Steven Ger, The Book of Hebrews: Christ Is Greater (Chattanooga, TN: AMG Publishers, 2009), 180.
4 Terence D. McLean, M.A.D. about Hebrews (Alpha, OH: Discerning the Times Publishing Co., 2010), 147.
5 Arno C. Gaebelein, Gaebelein’s Concise Commentary on the Whole Bible(Neptune, NJ: Loizeaux Brothers, 1970, 1989), 186. See also George Williams, The Complete Bible Commentary (Grand Rapids, MI: Kregel, 1994), 107.
6 Louis A. Barbieri, Jr. “Matthew” in Bible Knowledge Commentary: New Testament, eds. John F. Walvoord and Roy B. Zuck (Colorado Springs, CO: Victor Books, 1983), 76-77; Hal M. Haller, Jr. “The Gospel According to Matthew,” The Grace New Testament Commentary, Volume 1: Matthew–Acts, ed. Robert N. Wilkin (Denton, TX: Grace Evangelical Society, 2010), 110.
_______
Shawn Lazar (BTh, McGill; MA, VU Amsterdam) è redattore della rivista Grace in Focus e direttore delle pubblicazioni per la Grace Evangelical Society. Lui e sua moglie Abby hanno tre figli. È autore di diversi libri tra cui: Beyond Doubt: How to Be Sure of Your Salvation (Oltre il dubbio: come essere sicuri della propria salvezza) e Chosen to Serve: Why Divine Election Is to Service, Not to Eternal Life (Scelti per Servire: perché l’elezione divina è per il servizio, non per la vita eterna)