Il titolo del mio articolo, diviso in due parti, potrebbe portarvi a discutere come fare evangelizzazione. Io spero che vi dia degli spunti su come lavorare personalmente, anche se questo non è il mio obiettivo primario. Vorrei piuttosto discutere sull’impatto che la teologia della grazia dovrebbe avere sul modo di presentare il vangelo, sia a individui che a gruppi.
Tuttavia, prima che cominci ad entrare nell’argomento, permettetemi di dirvi che trovo grande gioia nel parlare alle persone della salvezza eterna. Negli anni ho avuto modo di farlo con tante tante persone.
Un caro amico lavora con me, nel mio ufficio. La prima volta che l‘ho incontrato, non riusciva a capire la via della salvezza. Ma dopo alcuni anni e dopo molte conversazioni su questo tema, divenne credente. Comprese che la salvezza è assolutamente gratuita anche se la maggior parte delle persone che conosce, non lo sanno. La salvezza di questo amico rappresenta uno dei risultati più preziosi dei miei anni di servizio a Cristo. È di immensa gioia sapere che la nostra amicizia durerà in eterno nel regno di Dio.
Io sono insegnante come risultato di un dono spirituale. Eppure, amo il lavoro di evangelista al pari, se non di più, di quanto amo insegnare. Oggi vi parlerò di come inserire la buona teologia nel conquistare le anime, un tema di grande importanza. E mi sforzerò di mettere in pratica, ciò che sto per predicarvi!
La domanda che vi pongo è una semplice: abbiamo permesso alla solida teologia della grazia di influenzare il modo in cui proclamiamo e condividiamo il vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo?
La mia proposta è di rispondere a questa domanda in due capitoli: 1) Il contenuto del nostro messaggio e 2) Il nostro invito a rispondere. Parlerò del primo punto in questo articolo, e il secondo, nella Seconda Parte.
I. Lo Scenario dell’isola deserta
Cominciamo con uno strano scenario. Immaginate una persona, non salvata, abbandonata su una piccola isola disabitata, nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Non ha mai sentito parlare di cristianità nella sua vita. Un giorno un’onda porta un frammento di carta sulla spiaggia. È bagnato ma è ancora leggibile.
Su quel pezzo di carta ci sono le parole di Giovanni 6:43-47. Le uniche porzioni leggibili sono: “Gesù [allora] rispose loro:” (v43) e “In verità, in verità vi dico: chi crede [in me] ha vita eterna.” (v47).
Ora, supponiamo che questa persona non salva, in qualche modo, si convince che questa persona chiamata Gesù può garantirgli un futuro eterno, dal momento che Egli ha promesso vita eterna. In altre parole, crede alle parole di Gesù in Giovanni 6:47. È salvo?
Ho il sospetto che alcune persone direbbero che quest’uomo non è salvo perché non conosce abbastanza. Per esempio, non sa che Gesù è morto per i suoi peccati sulla croce e che è risorto il terzo giorno. Ci tante altre cose che non sa, come la dottrina della Trinità, l’eterna filiazione di Gesù, o la dottrina della nascita verginale.
Ma perché non è salvo se ha creduto alla promessa nelle parole di Gesù? È proprio l’abilità di Gesù di garantire la vita eterna che Lo rende il Cristo nel senso del termine tipico di Giovanni. Lo scambio di battute tra Gesù e Marta in Giovanni 11:25-27 lo dimostra chiaramente.
Lo ricordate, vero? “Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, 26 e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?»” (Giov 11:25-26). La risposta di lei è la dichiarazione che crede che Lui è il Cristo. Marta risponde: “Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo” (11:27).
Qui credere che Gesù è il Cristo significa credere che Egli garantisce resurrezione e vita eterna ad ogni credente. Ora guardiamo a Giovanni 4. In questo passaggio famoso, ci sono i Samaritani che rivolgendosi alla donna che ha incontrato Gesù, le dicono «Non è più a motivo di quello che tu ci hai detto, che crediamo; perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente [il Cristo,] il Salvatore del mondo» (Giov 4:42).
Osserva che il denominatore comune in entrambi i passaggi è il termine “Cristo”. Per Marta, Egli è “Il Cristo, il Figlio di Dio”, e per i Samaritani Egli è “il Cristo, il Salvatore del mondo.” Questo non è accidentale, né una differenza insignificante.
Nella teologia e profezia giudaica, il Cristo promesso era anche il Figlio di Dio – cioè, doveva essere una persona divina. Nelle parole di Isaia: Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato…e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace (9:5-6). Ma nella teologia samaritana, si pensava che il Messia fosse un profeta e la donna al pozzo è condotta alla fede attraverso l’abilità di Gesù a conoscere la sua vita. Le parole “Signore, vedo che tu sei un profeta” (4:19) sono un primo passo verso la direzione di riconoscerlo come il Cristo. Non c’è alcuna prova che lei o gli altri samaritani avessero compreso la divinità del nostro Signore.
Eppure, avevano creduto che Lui fosse il Cristo. E Giovanni ci dice nella sua prima epistola che “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio” (5:1)! Una teologia completa sulla Sua persona non è necessaria alla salvezza. Se crediamo che Gesù è l’Unico che garantisce il nostro destino eterno, crediamo a tutto ciò che dobbiamo assolutamente credere per essere salvati.
Anni fa, quando ero uno studente al Seminario Teologico di Dallas, lavavo i piatti nella mensa per pagarmi i pasti. Spesso dopo aver finito, mi trattenevo a parlare di teologia con un altro studente che spazzava la cucina ogni notte. Una notte, questo studente mi disse una cosa che non ho mai più scordato. Dichiarò qualcosa del genere, “So di aver avuto fiducia in Cristo per la mia salvezza prima di realizzare che Gesù è il Figlio di Dio.” Ero sorpreso perché non ho mai sentito nessuno dire questa cosa prima.
Ma all’epoca, non ebbi niente da ridire su questa sua dichiarazione, né avrei nulla da ridire oggi. È il nome di Gesù che porta alla salvezza chiunque creda in quel nome in speranza del proprio benessere eterno. Non siamo salvati perché crediamo in una serie di affermazioni teologiche, per quanto importanti e veritiere possano essere. Siamo salvati credendo in Gesù.
Ecco perché l’uomo sull’isola deserta può essere salvato con anche solo un minimo d’informazioni. Quando crede a Giovanni 6:47, sta credendo in Gesù in quanto Cristo.
II. E per quanto riguarda la Croce?
Ma che dire della croce di Cristo? Non è essenziale da conoscere affinché l’uomo si salvi?
Questo punto ci porta agli undici apostoli, i quali avevano creduto in Gesù prima che morisse. Ma avevano compreso la croce o il significato della sua morte? Ovviamente no, Giovanni 20:9 lo afferma con chiarezza.
Ricorderete il passaggio. Il racconto parla di come un discepolo senza nome giunse a credere che Gesù era risorto; riferendo di Pietro e di questo discepolo, è scritto che “non avevano ancora capito la Scrittura, secondo la quale egli doveva risuscitare dai morti”. Gli undici discepoli avevano creduto in Gesù molto prima di capire che doveva morire per i loro peccati e risorgere. Come dice Pietro in Giovanni 6:68-69, con enfasi: “Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna! E noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
I discepoli di Gesù erano salvi senza conoscenza della morte e resurrezione del loro Maestro.
Eppure, qualcuno oggi direbbe, “Ma è diverso adesso che la croce è passata. Ora, dobbiamo credere anche in quello.” Davvero? Da dove viene quest’idea? Certo, non dal vangelo di Giovanni.
Riflettiamoci su per un momento. Gli eventi descritti nel Vangelo di Giovanni accaddero prima della Croce. Eppure, il libro intero fu scritto solo dopo. Secondo opinione personale, furono scritti prima del 70 dC, ma se si preferisce una data posteriore all’80, allora la mia tesi è ancora più valida. Al tempo degli scritti, la croce era passata da anni, e se credere nell’opera della croce fosse stato allora necessario per la salvezza, Giovanni ci darebbe l’impressione sbagliata sottolineando il modo in cui la croce ha sbalordito anche i suoi discepoli più intimi.
Il Vangelo di Giovanni è l’unico libro nel nostro Nuovo Testamento che dichiara in maniera esplicita il proprio scopo evangelistico. Certo, questo mi fa venire in mente la dichiarazione trovata in Giovanni 20:30-31, dove si legge: “Ora Gesù fece in presenza dei {suoi} discepoli molti altri segni, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome.”
Quest’affermazione non dichiara la necessità di credere nell’espiazione sostitutiva del nostro Signore. Se al tempo della stesura del Vangelo di Giovanni, fosse stato davvero necessario crederlo, allora sarebbe stato non solo semplice, ma essenziale, farcelo sapere.
Dato che le figure chiave della narrativa di Giovanni ebbero creduto in Gesù prima che capissero della Sua morte espiatoria e resurrezione, sarebbe stato ancora più essenziale per Giovanni affermare che il contenuto della fede era cambiato. Ma ovviamente non l’ha fatto. In un semplice atto, il quarto Vangelo è stato progettato per dimostrare che i suoi lettori possono essere salvati allo stesso modo delle persone salvate nei racconti di Giovanni. Dire diversamente, vuol dire accettare un errore. È errato supporre che i quattro vangeli presentino le condizioni per la salvezza in maniera inadeguata o incompleta. Spero sinceramente che nessuno che sia per la grazia gratuita si soffermi mai in una posizione del genere.
Ripeto. Né implicitamente, né esplicitamente il Vangelo di Giovanni insegna che una persona deve comprendere la croce per essere salvato. Non c’è un tale insegnamento. Se diciamo che c’è, stiamo leggendo nel testo e non dal testo!
Molto semplicemente: ciò che vogliamo, è che la gente creda che Gesù garantisce il loro eterno destino. Certo, vorremmo che credessero molto più di questo, ma questo è l’essenziale oggetto di fede. Il nostro fallimento a definire chiaramente il nostro obiettivo nell’evangelismo può avere un effetto negativo e di impedimento sui nostri sforzi di condurre le persone alla semplice fede in Cristo.
III. Aggiungere al Vangelo
La maggior parte di noi condanna gli sforzi commessi dai sostenitori della Salvezza per Signoria, che aggiungono condizioni al messaggio della fede in Cristo. Secondo questi, la vera fede non è avvenuta se non è accompagnata dalla sottomissione completa o l’impegno a vivere per Dio. Noi rigettiamo legittimamente idee del genere.
Eppure, nei nostri circoli, c’è la tendenza ad aggiungere informazioni teologiche al messaggio della fede. Alcune persone ritengono che persino credere nell’immacolata concezione sia un requisito per la salvezza, e che senza di questo, una persona non sarebbe considerata salva. Fanno questo, nonostante il vangelo di Giovanni non si sforza di presentare questa dottrina. Di fatto, in Giovanni 1:45, Filippo annuncia a Nataniele che ha trovato il Messia e si riferisce a Lui come “Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe”. Giovanni non si è mai scomodato di fare questa precisazione, dato che Gesù era in ogni caso legalmente il figlio di Giuseppe. Non c’è dubbio, comunque, che Filippo abbia pensato che Gesù sia stato il figlio naturale di Giuseppe e Maria.
Tutte le forme di vangelo che attribuiscano un contenuto più ampio alla fede in Cristo di quello che richiede il vangelo di Giovanni, sono da considerarsi errate. L’evangelismo basato su una premessa del genere è altresì falsato, perché tentiamo di esaminare le professioni di fede secondo i termini dottrinali che noi crediamo debbano essere creduti. Invece, dovremmo focalizzarci sul se un individuo ha creduto o meno che Gesù gli ha dato la vita eterna.
L’Evangelismo, quindi, è inteso a portare uomini e donne nel luogo in cui credono che Gesù garantisce il loro destino eterno. Se una persona arriva in quel luogo e noi insistiamo oltre questo, saremmo colpevoli di tentare di vanificare il semplice esercizio della fede che davvero porta alla salvezza.
Persino nel movimento della grazia, siamo molto tentati di rendere il vangelo più complicato di quello che Dio prevede. Anche noi crediamo a malapena che un uomo ignorante di teologia evangelica, ma che ha fede genuinamente in Cristo per la propria vita eterna, sia salvo. Ci sono molte ragioni per essere imbarazzati nell’avere una tale tendenza nel nostro circolo.
Secondo l’apostolo Paolo, Dio è Colui che “giustific[a] colui che ha fede in Gesù” (Rom 3:16). Inoltre, sarà al nome di Gesù che “ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra” si piegherà (Fil 2:10). Il nome di Gesù, perciò, è un nome potente e glorificato, paragonato a tutti gli altri nomi nel nostro tempo e in ogni tempo, essi sono inferiori e deboli. Nessuno che abbia avuto fiducia in quel nome per il proprio benessere eterno non è stato poi salvato. Questo è vero indipendentemente da quanto poco abbiano conosciuto di Colui che tale nome rappresenta.
A mio parere, c’è bisogno di un’enfasi rinnovata sul potere del Nome di Gesù. Pietro dichiara in Atti 4:12, “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”. Se c’è un fatto saliente sulla proclamazione del vangelo in quest’epoca presente, è che Dio salva tutti coloro, e solo coloro, che credono in questo nome per la salvezza eterna.
Un altro modo di dichiararlo è che il nome di Gesù è l’unica e sola via a Dio. “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giov 14:6). Naturalmente, questo elimina l’idea che un pagano che non ha mai sentito del nome di Gesù possa essere salvato solo credendo in qualcosa come la luce della creazione. Perciò, questo è il motivo per cui dobbiamo sempre avere missionari e testimoni del potere salvante del nome di Gesù. Senza il nome di Gesù non c’è salvezza per nessuno, in nessun posto del mondo.
Ma l’altro lato della moneta è questo: chiunque crede in quel nome per la salvezza eterna è salvo, indipendentemente dai puntini bianchi o dai difetti negli altri aspetti teologici. Un altro modo per dire la stessa cosa è questa: Nessuno ha mai avuto fiducia in quel nome ed è rimasto deluso.
In altre parole, Dio non dice alle persone, “Tu hai creduto nel nome di mio Figlio, ma non hai creduto alla sua nascita verginale, o la Sua espiazione sostitutiva, o la Sua resurrezione corporale, quindi la tua fede non vale”. Noi lo diciamo, ma la Parola di Dio no.
Supponiamo che ho dei problemi finanziari e uno straniero di nome Sam mi dice che mi aiuterà se mi fido di lui. Forse Sam mi dà l’impressione di essere una persona affidabile e onesta e mi convinco che può fare e che farà quel che dice. Così, lascio ogni cosa nelle sue mani e davvero, mi salva dai miei problemi finanziari con una donazione generosa in contanti. Ho creduto in lui? Certo.
Ma immaginiamo che dopo aver creduto in lui, io scopro che è un Amministratore Delegato e un multimilionario. Verrà forse dopo da me a dirmi, beh, non sapevi abbastanza di me quando ti sei fidato, quindi, mi dispiace ma non posso aiutarti? Il nostro accordo è annullato.
Spero che comprendiate quanto sia assurdo il modo di comportarsi di questo amministratore delegato. Se mi invita a dargli fiducia e io gliela do, perché dovrebbe poi negare la realtà di quella fede sulla base della mia ignoranza delle sue vaste risorse? Dall’altra parte, non è anche vero che sapere prima tutte queste cose su di lui, mi avrebbe reso molto più facile avere fiducia nel suo aiuto? Ne parlerò più avanti su questo punto.
È sufficiente dire, comunque, che Gesù non delude mai nessuno che si fidi di Lui per la vita eterna. Nessuno sulla Terra possederà mai più di una comprensione rudimentale sulla persona e l’opera del nostro Salvatore. Ma se sapessi che è possibile credere in Lui per ricevere salvezza e lo facessi, allora Lui è troppo grande per deludermi. È questa convinzione che deve armarci per la diffusione del vangelo con le persone.
In analisi finale, perciò, la salvezza è il risultato del credere in Gesù che la fornisce. Salvezza non è il risultato di un consenso ad un credo dettagliato. Salvezza non richiede nemmeno la comprensione di come viene elargita o resa possibile. Tutto ciò che un peccatore capisce è la sufficienza del nome di Gesù per garantire il benessere eterno di ogni credente. Grazie Dio, la salvezza è così meravigliosamente semplice!
IV. Predicare la Croce
Alla luce di ciò che abbiamo detto, dovremmo predicare la croce di Cristo? La risposta è un sì deciso. E la ragione più ovvia per far questo è che gli apostoli e Paolo lo facevano.
Paolo quando arrivò a Corinto per predicare, dichiarò di essere deciso a “non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso” (1Cor 2:2). Più avanti nella lettera, Paolo descrive il Vangelo che dichiarava “che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture” (15:3-4).
Non ho certo bisogno di dirvi, che la parola greca per “vangelo” (euangelion) così come la parola per “predicare il vangelo” (euangelizo) si trovano entrambe frequentemente negli scritti di Paolo. Anche Pietro usa queste parole per un totale di 4 volte nella sua prima lettera. Luca usa questo verbo molte volte in Luca e Atti, il sostantivo due volte in Atti. Matteo e Marco usano entrambe le parole.
Pronti per questa notizia? Giovanni non usa mai nessuna delle due parole nel suo vangelo. Perché? Perché, come ho già suggerito, Giovanni fa della Persona di Gesù, non un set di dottrine, l’oggetto della fede che conduce alla vita eterna. Fondamentalmente sta cercando di portare le persone a credere in Gesù per la loro salvezza eterna.
Qui è dove il predicare la croce diventa importante. Perché dovrebbero gli uomini fidarsi di Gesù per la vita eterna? Il vangelo ci una risposta meravigliosa. Dovrebbero perché Gesù ha comprato la loro salvezza al prezzo del Suo sangue prezioso. E Dio ha messo il Suo sigillo sul lavoro della croce, resuscitando Gesù dai morti. Come dichiara Paolo: Gesù “è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rom 4:25). La predicazione della croce facilita enormemente il processo di fede nel Figlio di Dio.
V. Occuparsi delle Anime
Questo ci porta al cuore del problema di portare le persone a Cristo. Dopotutto, questo è il titolo di questo articolo e ciò che intendo è semplicemente quello che dice il titolo. Dobbiamo guidare gli uomini a Cristo! Vincere anime sta nel portare le persone verso una Persona alla quale possano affidare il loro destino eterno. Non li portiamo verso un messaggio, ma verso Gesù Cristo come oggetto della loro fede.
Eppure, più spesso che non, abbiamo difficoltà a condurli a Cristo, a meno che non li facciamo passare attraverso il messaggio completo del vangelo. Il messaggio del vangelo è normalmente il luogo attraverso il quale gli uomini vengono a comprendere il perché possono fidarsi completamente del Salvatore. Per essere sicuri, fidarsi di Cristo può succedere senza il messaggio della croce, ma più spesso che non, non accade. Il messaggio della croce chiarifica il metodo di salvezza di Dio.
A livello pratico, quando ho a che fare con una persona non salva, trovo che se gli dico semplicemente che ha bisogno di credere in Cristo, non ha molto senso per lui. Perché dovrebbe essere così semplice? Perché le opere non sono necessarie? Ad una mente non rigenerata questo non sembra molto ragionevole.
Così, non lo trovo solo utile, ma anzi essenziale, spiegare che il Signore Gesù Cristo ha comprato per noi la strada verso il cielo, pagando per tutti i nostri peccati. In anni recenti, ho amato enfatizzare che Egli ha pagato per tutti i peccati che avessimo mai commesso dal giorno della nostra nascita fino al giorno della nostra morte. Questo al fine di rimarcare la completezza del Suo pagamento. Di solito, solo alla luce di un pagamento così perfetto che le persone possono comprendere la ragionevolezza di una salvezza assolutamente gratuita.
Dico alla gente, “Gesù ha pagato tutto” e non c’è rimasta nient’altro da pagare né da fare. Tutto ciò che devi fare è credere in Lui per il dono gratuito della vita eterna.
Una delle mie illustrazioni preferite: se un amico ti ha comprato una Rolls Royce e l’ha pagata tutta e te l’ha offerta in regalo, non sarebbe un inulto se tu insistessi a pagartela da te? Allo stesso modo, se cercassimo di fare o pagare qualcosa per andare in cielo, anche se Gesù ha già pagato, non sarebbe come insultare il Suo sacrificio trattandolo come se non fosse sufficiente?
La maggior parte delle persone riesce a comprendere questo punto, anche se non credono sia vero. Il lavoro del Salvatore sulla croce diventa così una tesi potente che mette in risalvo Gesù, degno di fiducia per la vita eterna.
E a parte la croce, per la maggior parte delle persone moderne, l’offerta di salvezza mediante la sola fede in Cristo soltanto non torna. Anche dopo averlo ascoltato, potrebbe ancora non tornare. Ma offrendo la verità del Vangelo alle persone, diamo allo Spirito Santo qualcosa con cui lavorare nei loro cuori. E in ultima analisi, è solo lo Spirito di Dio che può spazzare via la cecità del cuore umano affinché la luce gloriosa del vangelo di Cristo risplenda nei cuori non salvati.
Tuttavia, non sia mai dimenticato: se qualcuno ha fede in Gesù come Colui che assicura il suo destino eterno, quella persona è nata da Dio. Gesù non ha mai deluso nessuno che confidava nel suo nome per la salvezza eterna. E non lo farà mai.
Di Zane Hodges
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Zane Hodges fu insegnante di Greco del Nuovo Testamento ed Esegesi al Seminario Teologico di Dallas.