Gli attacchi al messaggio salvifico della vita eterna per mezzo della sola fede in Gesù non sono nuovi. Ad esempio, a partire da Atti 15, sia gli ebrei non credenti che quelli credenti hanno tentato di aggiungervi le opere, sostenendo che i Gentili dovevano essere circoncisi. Oggi, lo snaturamento della grazia è ancora vivo e vegeto. Un popolare impianto teologico, il calvinismo, si impegna a guardare alle opere come “prova” della salvezza. Insegna che i credenti che si allontanano dalla fede non sono mai stati salvati. Un secondo impianto teologico, l’arminianesimo, insegna invece che le opere sono necessarie per conservare la vita eterna e che i credenti che si allontanano dalla fede la perdono. Entrambi questi popolari schieramenti travisano il messaggio della salvezza, aggiungendo le opere come elemento necessario per avere la vita eterna. Purtroppo, entrambi pregiudicano il chiaro messaggio delle Scritture, secondo le quali tutti coloro che semplicemente credono in Gesù per avere la vita eterna ce l’hanno e non possono mai perderla, anche se in seguito abbandonassero la fede.
Come già detto, non si tratta di una battaglia nuova. La guerra, oggi, continua per noi. Tuttavia, sta cambiando e sono stati sviluppati nuovi metodi per distorcere il messaggio della grazia. La battaglia sembra essere ancora più intensa. Gli attacchi che la Chiesa deve affrontare oggi sono nuovi. In un’epoca postmoderna in cui la verità oggettiva viene demonizzata, la certezza della salvezza è vista come qualcosa di non necessario o addirittura immorale e l’esperienza viene elevata ad arbitro delle questioni teologiche.
Un esempio di questi nuovi attacchi lo si trova nel diverso linguaggio che alcuni utilizzano per descrivere il messaggio della salvezza. Invece di guardare a Gesù e alla Sua promessa di vita eterna, molti, ora, sostengono che credere nell’ “identità” del Signore costituisca il messaggio della salvezza. A prima vista, può sembrare una cosa benigna. Certo, è solo per mezzo della fede in Gesù che chi non crede viene salvato. Tuttavia, cos’è che questi deve sapere di Cristo? Se l’evangelista dice al non credente che deve credere nell’ “identità” di Gesù, cosa significa questo per l’interlocutore? La risposta è semplice ma catastrofica: può significare qualsiasi cosa egli voglia. Per alcuni, Egli è il Re. Per altri è l’Agnello di Dio. È anche il nostro Sommo Sacerdote. È un profeta. È l’Alfa e l’Omega. È Dio. È il Principe della Pace e molto altro ancora. Una giovane donna con cui ho parlato in aereo mi ha detto che Gesù è la “forma di Dio” con cui si identificava perché era cresciuta come cristiana, ma che per altri Egli può essere qualsiasi forma di divinità alla quale si sentono più legati, in base alla loro esperienza.
Questa visione pluralistica rispecchia quello che vediamo al di fuori della Chiesa. Per esempio, oggi le persone si identificano come “non binarie”, cioè il loro sesso rientra in uno spettro. La loro identità di genere è fluida. Un altro esempio è possibile vederlo in una recente protesta, quando un giornalista ha chiesto ad un gruppo di manifestanti per cosa stessero marciando. Non ne avevano idea. Pur riconoscendosi nella protesta, non conoscevano il messaggio con cui si stavano identificando. Questi esempi dimostrano il pericolo nell’indicare ai non credenti l’ “identità” del Signore come l’essenza del messaggio della salvezza. In primo luogo, molte persone considerano l’identità di Cristo fluida; quindi, è diventata priva di significato. In secondo luogo, molte persone sostengono di credere nell’ “identità” del Signore, ma non conoscono il Suo messaggio sulla vita eterna. Cattolici, mormoni, calvinisti e quella ragazza sull’aereo credono tutti in una qualche forma dell’identità del Signore. Come i manifestanti, molti credono in una qualche forma dell’ “identità” di Gesù, come loro stessi la definiscono, ma non hanno mai creduto al messaggio della vita eterna per grazia attraverso la fede.
Poiché il nostro mondo si sforza continuamente di demolire la verità oggettiva, non dovrebbe sorprendere che il messaggio della salvezza stia diventando così nebuloso da renderlo irriconoscibile. Se diciamo ai non credenti di credere nell’identità del Signore, abbiamo dato loro un messaggio evangelistico incompleto. Il messaggio della salvezza diventa qualsiasi cosa il non credente voglia che significhi, e noi neghiamo gli insegnamenti del Signore (Giovanni 3:16; Matteo 7:13-14). Purtroppo, oggi, nella Chiesa si assiste al passaggio da un messaggio chiaro ad uno vago, che lascia chi non è salvato ancora nella stessa condizione.
Al contrario, il Vangelo di Giovanni presenta ripetutamente Gesù come Colui che dona la vita eterna (Giovanni 1:12; 3:16; 4:10,14; 5:24; 6:40, 47; 11:25-27). Infatti, Giovanni viene spesso definito il vangelo della vita, per l’enfasi sul dono della vita eterna che lo caratterizza. Togliere la vita eterna dal Vangelo di Giovanni equivale a tagliare il libro a metà; in questo modo, si eliminerebbe metà del messaggio del libro. Il Vangelo di Giovanni è stato scritto ai non credenti per dire loro come possono essere salvati (Giovanni 20:30-31). Il suo messaggio è chiaro: dobbiamo indicare loro che Gesù è Colui che dà la vita eterna quando credono in Lui.
Che sia attraverso l’aggiunta di opere, come i calvinisti e gli arminiani, o attraverso l’uso del linguaggio vago di questo nostro mondo postmoderno, il messaggio della salvezza è sotto attacco. Satana non vuole che i non credenti conoscano il dono della vita eterna. In passato, ha aggiunto le opere per distruggere quel messaggio. Oggi, aggiunge termini apparentemente benigni per eliminare del tutto il dono dal messaggio. Vuole che chi non crede rimanga confuso. Mentre la Chiesa di oggi continua a lottare contro gli attacchi al messaggio della salvezza, che possiamo essere coraggiosi nell’annunciare sia Colui che dona che il dono stesso.