Vi siete mai fermati a leggere i messaggi di avvertimento nei prodotti che comprare? La bottiglia dello shampoo del gatto dice, “Attenzione: Il contenuto di questa bottiglia non è adatto a pesci o bambini”. Un trapano elettrico che ho ricevuto come regalo di Natale dice, “non per uso odontoiatrico”. Un biglietto di compleanno per bambini dice, “Tenere lontano dalla portata dei bambini”. Il mondo è pieno di avvertimenti. Alcuni si possono tranquillamente ignorare. Altri invece, costituiscono un pericolo. Questo è il caso dei cinque avvertimenti in Ebrei (2:1-4; 3:7–4:13; 5:11–6:12; 10:19-39; 12:14-29).
Nel mondo evangelico si è divisi sul loro significato. Gli arminiani in generale li interpretano come avvertimenti per i credenti, i quali possono perdere la loro salvezza eterna se persistono nel peccato o nel non credere. I calvinisti li interpretano o come avvertimenti contro falsi insegnanti, che saranno perduti per l’eternità se non credono in Cristo, oppure come esortazioni per gli eletti, per avvisarli della possibile perdita della loro salvezza eterna. Praticamente, sia gli arminiani che i calvinisti concordano che gli avvertimenti riguardano la vita eterna oppure la morte eterna.
Qual è il modo migliore per comprendere questi passaggi cruciali?
In questo articolo, presenterò i primi due avvertimenti in Ebrei secondo l’interpretazione della Grazia Gratuita, dimostrando che rappresentano un campanello d’allarme per i credenti che vengono disciplinati da Dio in questa vita, i quali rischiano di perdere le ricompense nel regno Messianico che sta per venire.
I destinatari di Ebrei erano credenti?
C’è disaccordo tra Arminiani e Calvinisti sulla questione, se gli Ebrei fossero credenti oppure no, o se fossero dei falsi convertiti. Per rispondere a tali quesiti una volta per tutte, bisogna considerare che i lettori vengono descritti come:
- Santi (3:1)
- Fratelli (3:1,12)
- Partecipanti (o compagni) della chiamata celeste (3:1)
- La casa di Dio (3:6)
- Partecipanti (o compagni) del Messia (3:14)
- Persone che dovevano essere mature abbastanza da essere insegnanti (5:12)
- Illuminati (6:4)
- Che hanno preso parte ai doni celesti (6:4)
- Partecipanti (o compagni) dello Spirito Santo (6:4)
- Che hanno gustato la buona Parola di Dio (6:5)
- Che hanno preso parte dei poteri delle epoche a venire (6:5)
- Che hanno amato il nome del Signore (6:10)
- Santificati (10:10,29)
- Perfezionati (10:14)
Questi termini, possono applicarsi a non credenti? Sono sante le persone non rigenerate? Sono forse la casa di Dio? Possono essere insegnanti cristiani? Hanno preso parte dello Spirito Santo? Amano forse il nome del Signore? Hanno forse una confessione alla quale stringersi o dalla quale allontanarsi? Sono forse illuminati, santificati o perfezionati?
Queste domande si rispondono da sole. C’è poco dubbio che gli avvertimenti di Ebrei siano indirizzati a persone rigenerate. Anzi, l’autore ispirato include sé stesso negli avvertimenti che stava dando (il “noi” di Ebrei 2:1-4), e non c’è dubbio che fosse rigenerato.
Allora chi erano gli Ebrei? Erano una comunità di credenti giudei a cui l’autore sperava di far visita (13:23). Erano a rischio di apostasia, dalla Cristianità verso il Giudaesimo, per questo l’autore cerca di convincerli della superiorità di Cristo su Mosè, e della superiorità del Nuovo Testamento rispetto al Vecchio. La loro fede forse stava vacillando, ma non c’è dubbio che fossero credenti.
Il primo avvertimento: Non ti allontanare dalla Fede in Cristo (Ebr 2:1-4)
Nel primo capitolo, l’autore spiega quanto fosse superiore Gesù rispetto alla creazione, soprattutto gli angeli. Nel capitolo due l’autore giunge ad una conclusione, comincia con perciò [Dia touto]), partendo dalla superiorità di Cristo, sostenendo che siccome Cristo è più grande degli angeli, gli Ebrei dovrebbero attenersi maggiormente alle cose udite su di Lui, affinché non vengano trascinati lontano dalla fede in Gesù. La parola greca per trascinati lontano (pararreō) appare anche in Prov 3:21, dove indica un graduale allontanamento dalla verità. David Allen evidenzia che si tratta di un termine nautico (cf Ebr 6:19) che evoca l’immagine di una barca disancorata che lentamente si allontana nel mare.1L’autore vedeva che i credenti di Ebrei erano a rischio di allontanarsi lentamente per tornare al Giudaismo, che li avrebbe messi a rischio del giudizio di Dio. In un certo senso, c’è un’analogia tra la legge e il vangelo, perché se disobbedendo la legge (la parola pronunciata per mezzo degli angeli), si incorre in conseguenze (giusta retribuzione) allora lo stesso accade se si è negligenti verso la grande salvezza del vangelo. La domanda è, che tipo di “salvezza” stavano trascurando gli Ebrei?
1. Non dovremmo prendere il termine salvezza come un termine tecnico, che vuol dire salvezza dall’inferno. Se controllate la vostra chiave biblica sull’uso della parola salvare (sōzō) e salvezza (sōtēria) troverete che tutti gli usi nell’Antico Testamento, e la maggior parte degli usi nel Nuovo Testamento, si riferiscono alla liberazione da pericoli di vita, non alla salvezza dall’inferno. Per esempio, Ebrei 11:7 parla della famiglia di Noè, la quale fu salvata dall’annegamento durante il Diluvio. Ma salvezza potrebbe anche riferirsi ad eventi futuri come il Secondo Avvento:” apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza”. (Ebr 9:28, enfasi aggiunta; cf Rom 13:11; 1 Pet 1:5). Perciò non dovremmo mai dare per scontato che salvezza voglia sempre significare nato di nuovo. La natura della grande salvezza deve essere compresa dal contesto.
2. La salvezza che l’autore aveva in mente era futura. Sappiamo che la vita eterna è un possedimento presente (GIov 3:16). Ma l’autore stesso ci dice che la salvezza di cui parla sarebbe accaduta nel “mondo futuro” (Ebr 2:5; Ebr 1:4). Quell’aspettativa futura sarebbe conforme alla sua dichiarazione che il Secondo Avvento di Cristo è un evento salvifico (Ebr 9:28).
3. Le citazioni prese dal Vecchio Testamento che prima conducono e poi seguono la formulazione di questo avvertimento enfatizzano la futura regalità Messianica di Gesù. Ebrei 1:5a fa riferimento al Salmo 2:7, un salmo di incoronazione regale che conduce alla fine all’insediamento al trono del Messia. Ebrei 1:5b invece fa riferimento a 2 Samuele 7:14, il quale punta al patto Davidico e all’ereditarietà al trono promessa, che rappresenta ancora un riferimento al governo del Messia. Ebrei 1:6 cita il Salmo 97:7, il quale indica il futuro regno del Signore, quando spazzerà via i suoi nemici e sarà adorato da tutti. Ebrei 1:7 cita il salmo 104:4, un Salmo relativo alla creazione, e punta al potere e governo del Figlio. Ebrei 1:8-9 fa riferimento al Salmo 15:6-7, il quale descrive un matrimonio regale, l’eterno trono del Messia, e introduce il concetto importante dei Suoi “compagni” che partecipano al suo governo (vedi sotto). Ebrei 1:13 cita il Samo 102, il quale parla del Signore che apparirà in gloria per ricostruire Sion e regnare per sempre sulle nazioni (vv 12-17, 25-26). Ebrei 1:13 riporta il Salmo 110:1 allo scopo ancora una volta di enfatizzare il diritto a regnare del Messia (poiché è alla destra di Dio) e la Sua vittoria sui suoi nemici. Come vedete, non c’è da sbagliarsi sulle intenzioni dell’autore. Tutti questi versi puntano alla gloria del Messia, il Suo governo, la Sua vittoria e il Suo regno futuro.
4. Ebrei introduce la visione che i credenti sono i “partecipi” (metochos) del Messia. Questo è un tema chiave che si legge in tutta l’epistola. Gli Ebrei vengono chiamati partecipi (compagni) di una chiamata celeste (3:1), di Cristo (3:14), dello Spirito Santo (6:4) e della disciplina di Dio (12:8). Come propone F.F. Bruce, chiamare i credenti partecipi ha con sé un significato speciale che punta alla loro partecipazione nel regno Messianico, cioè regnare con Cristo.2
Date queste ragioni, si può trarre una tesi abbastanza forte, cioè che la grande salvezza che gli Ebrei stavano trascurando non era il messaggio della nuova nascita, ma la buona notizia del regno futuro di Cristo, che costituiva anche il messaggio principale degli insegnamenti del Signore tra la sua resurrezione e l’ascensione in cielo (Atti 1:3). Se i credenti diventano indifferenti alla salvezza futura, ci saranno conseguenze dalle quale non riusciranno a scappare. L’autore però non ci ha ancora detto quali saranno queste conseguenze.
Il secondo avvertimento: Sforziamoci di entrare nel riposo di Dio (3:7-4:13)
Il secondo avvertimento riguarda il concetto di entrare nel “risposo di Dio”. L’autore disegna un parallelo tra la situazione attuale degli Ebrei e gli eventi bui descritti in Numeri 13-14, quando Israele si ribellò a Dio.
Ricorderete che Dio comandò di mandare degli uomini in Canaan per spiare la terra, e dieci dei dodici uomini tornarono con un rapporto negativo, allarmando tutti circa la forza e la stazza dei Cananei (come se il Signore non fosse più grande di tutti). Gli Israeliti furono presi dal panico. Si rifiutarono di entrare nella terra e prenderne possesso. Desiderarono di essere morti nel deserto (Num 14:2). Alcuni addirittura volevano trovare un altro leader che li riconducesse in Egitto (Num 14:2,4).
Per Dio, questa è stata l’ultima goccia.
Israele aveva borbottato e si era lamentata già prima, ma ora avevano preso una decisione irrevocabile. Anche se Dio perdonò il loro peccato (Num14:20), dovevano ancora affrontare la punizione per la loro ribellione. Dio aveva decretato che, a parte Caleb e Giosuè, tutti coloro di età al di sopra dei venti anni, sarebbero morti nel deserto e non avrebbero avuto accesso alla terra (Num 14:29-35).
Ricordando questo evento, l’autore di Ebrei invoca un principio circa il giudizio di Dio. Arnold Fruchtenbaum lo spiega così:
Il principio nelle Scritture è tale che una volta raggiunto un punto di non ritorno, i trasgressori sono soggetti a giudizio divino. Il giudizio è fisico, non spirituale; non riguarda la perdita di salvezza. Di fatto, Numeri 14:20 ci dice che le persone si pentirono, e arriva a dirci persino che Dio perdonò il loro peccato. Non ebbe effetto quindi sulla salvezza di nessuno, ma le conseguenze fisiche del loro peccato dovevano essere espiate. Quando un punto di non ritorno viene raggiunto, non importa più quanto ci si pente, il giudizio fisico diviene irrevocabile…[N]el Vecchio Testamento, il problema si risolve nella morte fisica e la perdita delle benedizioni temporali, ma non nella perdita della salvezza. 3
Come Israele, i lettori di Ebrei rischiavano di dover affrontare una punizione simile perché stavano sull’orlo della loro irrevocabile ribellione, come descritto in Ebrei 3:7-4:13. Quindi l’autore li avverte che dal momento che Gesù è più grande di Mosè (3:3-6) la punizione per essersi ribellati a Lui sarà molto più grande di quella subita dagli Israeliti. Gli ebrei furono avvisati che non avrebbero dovuto indurire i loro cuori nella ribellione. Gli Israeliti non entrarono nel riposo di Dio, e gli Ebrei rischiavano di incorrere nello stesso fato se si fossero allontanati dal Dio vivente (3:12).
La domandona è, qual è il “riposo di Dio”? Significa forse che gli Ebrei erano a rischio di non entrare in cielo? Vuol dire che siamo a rischio di perdere la vita eterna?
Ci sono prove che suggeriscono fortemente che, ancora una volta, questo riguarda il regno Messianico. Ci sono tre ragioni che lo giustificano.
- Il concetto di riposo aveva una connotazione Messianica. Gli Israeliti, che entravano in Canaan non l’avrebbero mai posseduta pienamente, allora svilupparono un’aspettativa Messianica che le promesse di Dio per loro si sarebbero avverate in pieno solo nel futuro. Ecco perché l’autore spiega se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d’un altro giorno (4:8). C’era un altro giorno che stava per arrivare, quando il Messia avrebbe stabilito il Suo regno nella terra, procurando finalmente un riposo effettivo per il popolo di Dio (4:9; Is 11:10).
- Il vangelo che era stato predicato agli Ebrei, e a cui gli Israeliti non credettero (non essendo stata assimilata per fede) non era il messaggio di come nascere di nuovo. La Bibbia menziona diversi vangeli, uno dei più importanti è il “vangelo del regno”, il quale era la buona notizia che il Messia, che poteva offrire il regno ad Israele, era arrivato. Questo è il vangelo a cui si fa riferimento qui. Gli Israeliti non hanno creduto al messaggio rudimentale della promessa di Dio di ricevere in eredità una terra fatta di latte e miele (Es 3:17). Allo stesso modo, gli Ebrei erano a rischio di perdere la promessa di Dio di un riposo Messianico se avessero trascurato ciò che avevano ascoltato circa il Suo regno futuro (1:1-14).
- Il riposo di cui si parla è condizionato da qualcosa che va oltre la fede, e viene suggerito che sia relativo alle ricompense eterne, non alla vita eterna. Noi sappiamo che riceviamo la vita eterna come un dono, senza le nostre opere (Ep 2:8-9). Dio accredita rettitudine al peccatore che semplicemente crede e non opera (Rom 4:5). Al contrario, le ricompense eterne vengono guadagnate con la fedeltà (1Cor 3:11-15; Ap 22:12). Così, quando l’autore di Ebrei avverte i suoi lettori che saranno partecipi di Cristo se rimarranno fedeli fino alla fine (3:14) e che potrebbero non entrare nel riposo a motivo della disobbedienza (4:6, 11), stava usando il linguaggio delle ricompense eterne. Rimanere partecipi di Cristo e regnare con Lui è interamente condizionale dall’utilità o meno della loro fede (4:2). La fede di un credente deve essere attiva perché sia utile: ad esempio, mantenendo la propria confessione durante la persecuzione o provvedendo ai bisogni fisici dei poveri (Giac 2:14-16). Paul Tanner sottolinea che se gli Ebrei non avessero messo in azione la propria fede, ma invece avessero fatto apostasia, non avrebbero perso la loro salvezza eterna, ma sarebbero incorsi nel rischio di essere disciplinati da Dio e di perdere le ricompense nel regno, come l’essere partecipi del Messia.4 Dovevano comprendere che una volta che il regno fosse arrivato, e si fosse entrati nel riposo, i credenti avrebbero cessato di lavorare. Le ricompense sarebbero già state distribuite alla Sede del Giudizio di Cristo e non ci sarebbe più opportunità per le ricompense.
In somma, questo avvertimento compara Israele che possiede Canaan con il credente che entra nel “riposo” del regno Messianico, dove i nemici di Cristo saranno fatti sparire. Tuttavia, non tutti i credenti parteciperanno con Cristo alla Sua vittoria. Se i credenti giudei avessero lasciato Cristo per il Giudaismo, avrebbero sofferto il giudizio temporale di Dio e avrebbero perso l’opportunità di regnare con il Messia nel Suo Regno.
Conclusioni
Se interpretiamo in termini di probabile perdita di vita eterna i primi due avvertimenti in Ebrei, non solo invalidiamo la promessa di Gesù che la nostra sicurezza è eterna (Giov 10:28-29), ma manchiamo di dare giustizia alla ricca descrizione Messianica di Ebrei e alla promessa del regno che sta per venire. I credenti dovrebbero trovare speranza nel fatto che presto un giorno, se rimaniamo fedeli, regneremo con Cristo come Suoi compagni. Ma dobbiamo anche realizzare che ci saranno conseguenze se ci ribelliamo contro di Lui in questa vita.
Di Shawn Lazar
1 David L. Allen, Hebrews, The New American Commentary (Nashville, TN:B/H Publishing Group, 2010), 191-92.
2 F.F. Bruce, The Epistle to the Hebrews (Grand Rapids, MI: Eerdmans, 1970), 20-21, 68.
3 Arnold G. Fruchtenbaum, The Messinic Jewish Epistles: Hebrews, James, 1&2 Peter, Jude (San Antonio, TX: Ariel Ministries, 2005), 43.
4 J. Paul Tanner, “Hebrews” The Grace New Testament Commentary Denton, TX: Grave Evangelical Society, 2010), 2:1044
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Shawn Lazar (BTh, McGill; MA, VU Amsterdam) è redattore della rivista Grace in Focus e direttore delle pubblicazioni per la Grace Evangelical Society. Lui e sua moglie Abby hanno tre figli. È autore di diversi libri tra cui: Beyond Doubt: How to Be Sure of Your Salvation [Oltre il dubbio: come essere sicuri della propria salvezza] e Chosen to Serve: Why Divine Election Is to Service, Not to Eternal Life [Scelti per Servire: perché l’elezione divina è per il servizio, non per la vita eterna]